Sul Continente dove sbarcò un bel pezzo d’Europa

IMG_2284

Premessa

Siamo alla ricerca di una meta a portata di mano, capace di rispondere ad esigenze molteplici, magari senza cedere a troppe avventure. Il Canada è lì, è sufficiente attraversare l’Atlantico. Pietro e Cristina, quest’anno, sono presi da lavori impegnativi per soddisfare le esigenze del cantiere in corso sulle spaziose colline di Pisignano; Antonia ha già visitato il Canada; Paola e il Damis non ce la fanno ad abbandonare Roma. Insomma, si parte in cinque, dopo che gli amici romani, Roberto e Tommaso, rinunciano all’ultimo momento. Siamo io e Sandra, insieme a tre straordinarie amiche: Maria Teresa, Pina e Gloria, una nuova compagna di viaggio.
E’ Sandra, ancora una volta, che si incarica di prenotare l’aereo, peraltro ad un prezzo assolutamente accettabile: 700 euro, con volo diretto Roma Toronto e Montreal Roma.

25  Luglio

Tocca invece a me determinare le modalità più convenienti per raggiungere Fiumicino. In quattro e quattr’otto registro che la migliore soluzione è utilizzare l’auto, sia per semplificare una spedita raccolta del gruppo, sia per abbreviare i tempi di percorrenza, così come per contenere il costo, che sarà pari a 45 euro a persona, parcheggiando nel comodissimo ed efficientissimo “Parkandfly”.
Si parte nel primissimo pomeriggio e alle 16.00 siamo già in aeroporto, pronti a imbarcarci per Toronto intorno alle 18.00. Tutto fila alla perfezione e, dopo appena 10 ore, atterriamo, quando in Canada sono le 22.00, data la differenza di 6 ore di fuso. Un taxi ci conduce prontamente all’Hotel Grance, prenotato da Sandra, che è riuscita ad utilizzare al meglio i pochi scampoli di tempo che lo tsunami Alessandro le riserva.
Il primo impatto con la sgangherata reception dell’hotel non corrisponde, per fortuna, con la soddisfacente accoglienza delle camere, dove ognuno si abbandona senza troppi complimenti, dato che oramai per noi sono già le 7.00 del mattino successivo.

26  Luglio

La colazione non è prevista in hotel, non soltanto in questo, ma neppure negli altri, proprio perché pare che in Canada non sia una consuetudine troppo praticata. Ma noi abbiamo la Pina che, come sanno tutti coloro che la conoscono, è un’ imbattibile mattiniera, tant’è che alle 7.00  ha già preso posto in uno dei bar del quartiere, opportunamente selezionato, che sperimenta e giustamente ci consiglia. Una colazione comodamente consumata, acquattati su poltrone distribuite intorno ad uno spazioso tavolo, dove ci intratteniamo, sia per definire alcuni particolari delle diverse tappe odierne, sia per affidare a Gloria (nota esperta di gestioni finanziarie, data la sua brillante carriera) la meritata  responsabilità della cassa comune.
E poi si parte, incuriositi da questa grande metropoli, che già produce effetti che toccano la suggestione curiosa di ognuno di noi. Siamo nel centro storico della città, prossimi alla Chinatown, dove ci muoviamo comodamente a piedi, approfittando così di penetrare in modo più esauriente all’interno degli abituali percorsi multiculturali dei quali Toronto si fregia e gioiosamente si pregia.
La downtown, com’era prevedibile, miscela egregiamente monumenti storici con svettanti ed eleganti palazzi contemporanei, per lo più caratterizzati da preziose facciate riflettenti brillanti colori, che penetrano attraverso gigantesche vetrate. Un’architettura vivace e avvincente, che culmina in alcuni dei gioielli più significativi e più discussi, come la City Hall (il moderno municipio): un audace esempio di architettura contemporanea, opera del finlandese Revell, che si innalza con le sue torri gemelle, due edifici ricurvi che racchiudono una cupola piatta.
Una città ricca anche di ottimi spazi verdi, come il parco dove ogni mattina centinaia di cinesi  sono soliti praticare le loro distensioni ginniche, alle quali cedono anche Sandra, Gloria e Pina, pur da principianti e dunque giustificate se non capaci di conseguire lo stile che invece caratterizza l’eleganza delle signore cinesi. E’ nei pressi che individuo l’agenzia Wheels 4 Rent, pronta a prenotarci un’auto che l’indomani ci servirà per raggiungere le cascate del Niagara. Poi ci si indirizza verso la Dundas Square, dove convivono felicemente centri commerciali con  uffici, musei e maestosi teatri. Una breve sosta sulla terrazza del mercato più caratteristico del  frenetico quartiere ci serve, sia per un perfetto relax, sia per consumare alcuni piatti confezionati con tipici prodotti locali.
Si dedica la prima parte del  pomeriggio alla esplorazione del Queen’s Park, un ampio pezzo di città protetto e riservato, anche ambientalmente isolato, all’interno del vigoroso fragore che  promuove virtuosa eccitazione anche alla normale vita quotidiana di questa metropoli.
Nel tardo pomeriggio, mentre Teresa decide per un po’ di riposo, ci incamminiamo verso la Little Italy, un quartiere particolarmente armonioso, strutturato sulla base di un progetto edilizio che privilegia la piccola dimensione familiare, secondo criteri uniformi, che rendono il quartiere umanamente vissuto, custodito come proprio e vivacemente partecipato, come un’autentica risorsa alla quale, coralmente, affezionarsi.
Dopo un paio d’ore di legittimo riposo, scegliamo un ristorante vegetariano per consumare la nostra, attesa cena, dove qualità e quantità si competono felicemente e sopratutto (è il mio caso) ci si può alimentare di una squisitissima “tempura”, tipico piatto giapponese che sta per frittura, in questo caso di una variatissima quantità di verdure. Il costo? Appena il corrispondente di 12 euro.
Alle 22.00 prendiamo confidenza con le nostre camere da letto, non prima però di aver comunicato con Silvia e aver appreso che Alessandro ha trascorso il pomeriggio alle Cinque Terre, senza disdegnare (tutt’altro!) di servirsi, a Monterosso, di un battello locale. Buonanotte Alessandro… e stanotte promettimi che dormirai fitto fitto, cosicché mamma e babbo potranno finalmente riposare. Mi hai ascoltato? Mi assicuri di mettercela tutta? So che sei bravo e dunque so anche che tenterai il massimo sforzo. Bravo, bravissimo, così si fa!

27  Luglio

Alle 7,30 siamo già alla nostra agenzia Rent Car, quando è ancora tutto chiuso, così come sono chiusi i locali intorno. E mentre tento di arrabbattarmi per tentare di sollecitarne l’apertura, Pina e Sandra scoprono un delizioso locale, dove una dinamica pulzella ci prepara  una raffinata colazione, accompagnata da uno dei migliori espresso consumabili in Canada, che volentieri ci gustiamo, comodi e rilassati, nel cortile del bar.
Un minuto alle 8.00 si avviano le pratiche per il noleggio dell’auto, sbrigate in non più di un quarto d’ora. Il costo è di circa 50 euro (economico!) e i comandi sono così tutti automatici tanto da generare un qualche iniziale imbarazzo. Poi, tutto fila nel modo più semplice possibile e “automaticamente” si “vola” alle Cascate in poco più di un’ora, malgrado i 130 Km. di distanza.
E’ una giornata conquistata da un sole raggiante, esattamente come aveva previsto Pina, la nostra meteorologa. Tutto è più facile, dunque, ed è così che percorriamo a piedi  l’intera sponda  di fronte alle Cascate. Sono possenti e fragorose, quasi violente per la loro impetuosità, quando  precipitano nel Niagara River, che segna il confine naturale fra l’Ontario e lo Stato di New York. Uno spettacolo non ricorrente, incantevole, che ovviamente merita goderci affluendo direttamente all’interno del River, con l’aiuto di un attrezzato traghetto. Fra le quattro possibili escursioni, scegliamo il ”Journey Behind the Falls”, servito da un’imbarcazione che ogni 15 minuti si fa largo  nel velo del vapore acqueo della Cascata canadese, detta del “Ferro di cavallo”, che precipita da oltre 50 metri di altezza. Si viaggia per un’ora, attraversando gallerie e sostando in punti di osservazione assolutamente spettacolari, unici. L’amico Damis, quasi certamente, avrebbe aggettivato lo scenario come “dantesco” (come ebbe a suggerire in Norvegia, quando incontrammo la cascata di Stigfosse), data la sua suggestione, giustappunto poetica, arricchita dal balenare di luminosi arcobaleni, che fanno esplodere in Sandra toccanti versi poetici. Siamo accompagnati proprio sul precipizio sottostante, pronti ad essere innaffiati, con piacere, dall’irruenza delle mitiche Falls. Sì, possiamo dirlo, di esserci con-fusi con l’impetuoso scrosciare  di acque trasparenti.
Si rientra alle 17.00 e si ripongono accuratamente gli impermeabili dei quali ci hanno fatto dono. “Un sa a buttà via nulla! Un si sa mai: potrebbero servire”.
Non è facile, bisogna confessarlo, abbandonare destinazioni uniche come questa, ma non abbiamo alternativa, dobbiamo rientrare in città; e mentre io e Pina cerchiamo di “inbiffare”i percorsi più celeri, Sandra, Teresa e Gloria se la dormono, esauste.
Intanto medito una proposta, che naturalmente è accolta di buon grado da tutte. Quella di sostare, per  la cena, in uno dei quartieri più agiati di Toronto: “The Beach”, dove evidente e forte si mostra la parentela con la nostra Versilia. Una piacevolissima cena tipica, accuratamente scelta dalle mie signore,  conclude una giornata che non necessita di essere aggettivata. Non resta, dunque, che rientrare  al centro, depositare l’auto, far scivolare le chiavi nell’apposito sportello, augurarci una scontata buona notte e prendere l’impegno per le 8.00 dell’indomani mattina.

28  Luglio

Appena alzato tento di selezionare quanto di meglio si possa inserire nel programma della nostra ultima giornata “torontiana”. E a chi è solito insistere nel dire che Toronto può essere visitata in un solo giorno, rispondo che i suoi interessi (o semplicemente la sua curiosità), sono davvero ridotti all’osso. E dunque, se ne preoccupi.
La giornata è un po’ incerta (come, peraltro aveva già previsto la nostra meteorologa), ma dopo che Gloria, da scrupolosa cassiera, ha fatti i conti e i conti tornano senza registrare disavanzi  preoccupanti, partiamo. Dopo che io e Sandra abbiamo telefonato alle mamme, nonché alla pitelliana Rosanna, registrando che tutto procede al meglio (compreso il giardino di Pitelli, appunto), anche il tempo, originariamente un po’ bizzarro, è disposto a scusarsi e a mostrare segni di tolleranza. Sì, è vero, verissimo che resta qualche spruzzo di acqua “rugiola” (come l’avrebbe definita mamma Norma), ma i canadesi si guardano bene dal preoccuparsene, specialmente da quando tutte le aziende produttrici di ombrelli sono completamente fallite.
Avanti, si proceda alla prenotazione del mezzo pubblico più conveniente per raggiungere, domani mattina, la capitale Ottawa. Il treno è sconsigliabile: costoso, le stazioni decentrate, gli orari sconvenienti. Dotarci di un’auto propria è impossibile durante questo fine settimana. E poi, perché non servirci dell’autobus, magari garantendoci posti nelle prime file, così da evitare possibili disagi alla Teresa? Così sarà fatto, a un prezzo davvero conveniente, specialmente dopo aver dichiarato (anche se non dimostrato) che tutti rientriamo nella categoria “senior”, ovvero fra gli ultra sessantacinquenni.
Ci affrettiamo, dopo che le amiche hanno consumato qualche piatto tipico a una delle sagre paesane in corso sulla piazza del quartiere, per un primo approccio alla città sotterranea, composta sopratutto da lunghi itinerari di shopping. Non c’è troppo tempo e la prossima tappa è il quartiere  dell’Harbourfront, che si estende vicino al lago Ontario, oggi frequentato e socialmente partecipato, anche per la qualità dei suoi luoghi di ritrovo, i teatri, le gallerie, gli atelier, i parchi. Un quartiere vivacissimo dal quale si transita per conquistare un’altra delle mete più significative ed eleganti di Toronto: il “Distillery District”. Gli antichi magazzini industriali, d’epoca vittoriana, sono stati trasformati in svettanti gallerie, studi di artisti, preziosi ed eleganti caffè, dove l’arte diventa pratica quotidiana. Possiamo divagarci per non più di un’ora, magari approfittando per viverne un quarto all’interno di un caffè speciale, dove speciale si presenta anche l’intero allestimento, la dotazione di particolari opere d’arte, il ricercato e leggero sottofondo musicale, insieme alla gentilezza affabile delle ragazze in servizio.
Le “Toronto Islands” garantiscono ospitalità sopratutto a gruppi di artisti svagati. A noi interessano e incuriosiscono, ma sopratutto ci interessa attraversare i lunghi, freschi cortili, perderci all’interno dei meandri che ci consentono di scovare anche gli angoli più riservati e nascosti di questo idilliaco paradiso terrestre. Le dimensioni sono contenute e basterebbe un paio di giorni per impadronircene completamente. Peccato, non è nelle nostre facoltà, anche se, magari con un po’ di troppa accelerazione, riusciamo a intercettare i segnali più simbolici. Fra questi un attivissimo atelier, dove si scambiano e si confrontano esperienze di artisti provenienti dalle più diverse parti  del mondo e dove la direzione relazionale è affidata a un giovane albanese. Il rientro con l’apposito traghetto ci consente di dominare visualmente l’intera città, a partire dalla parte storica, affacciata direttamente  e signorilmente sul lago.
E’ ormai sera, restano soltanto pochi scampoli di tempo a disposizione, che quasi pretendo (comunque, insisto) perché siano interamente consumati attraverso il delizioso percorso del lungo lago, verso il delicato “Toronto Music Garden”. E’ qui che si tengono, frequentemente, raffinati concerti di musica classica: un piccolo anfiteatro, contornato da piante e fiori che lo rendono  particolarmente prezioso ed elegante e pertanto oltremodo rispettato dal pubblico.
Il cielo si è totalmente rasserenato e alle 19.00 si tiene, peraltro gratuitamente, un allettante concerto, con musiche di un certo Mozart, un certo Beethoven e un certo Britten. Una serata davvero splendida, anche se fortunatamente impegnativa e faticosa.
Decidiamo, dunque, di salutare questa brillante Toronto, tornando a consumare la cena nel ristorante vegetariano già sperimentato, dove torno a godermi una copiosa frittura, tradotta “tempura” in giapponese. Si conclude così questa nostra prima esperienza canadese, una prima esperienza capace di promettere nuovi, affascinanti appuntamenti.

29  Luglio

Sono certo, care amiche e cari amici, che comprenderete come io senta tutta la piacevolissima responsabilità di essere felicemente “custodito” da ben quattro signore; responsabilità che quest’anno non mi è dato condividere con il Damis, come mi era invece capitato in Norvegia.
Con un’ora di anticipo ci mettiamo in fila (anzi, lo fa generosamente la Pina) per acquisire il diritto di occupare le prime poltrone del pullman, mentre noi approfittiamo per consumare la colazione, accompagnata da un ottimo espresso, in un bar dove padroneggia un esperto connazionale abruzzese.
Ancora una volta puntualissimi, si parte alle 9,30, per un percorso di cinque ore, interrotto soltanto da una brevissima sosta. Il tempo non è piacevole, anche se sembra abbia concertato con noi il diritto di piovere durante il viaggio, per cessare totalmente mezz’ora prima del nostro arrivo. Le signore riposano tranquille, mentre a me tocca preparare il programma per la visita di Ottawa.
L’hotel “Capital Hill”, ancora una volta selezionato da Sandra, è ottimo; posto al centro della città, a due passi da tutto, gestito da personale competente e disponibilissimo. Una breve sosta e poi via, incuriositi da questa capitale ordinatissima, amena, dinamica, ospitale, accogliente, curata, invasa da fiori e rispettata alla perfezione.
Il primo approccio è riservato al sinuoso Rideau Canal, che percorriamo, stasera, verso l’incrocio con gli altri due fiumi, dividendo il centro storico in due settori distinti. Dal 2007 è stato, meritevolmente,  proclamato dall’UNESCO Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Pare che in inverno, quando ghiaccia completamente, costituisca ancor più una delle migliori attrazioni di Ottawa, trasformandosi nella più lunga pista da pattinaggio al mondo. Passare dal canale al quartiere del ByWard Market il passo è breve e così ne approfittiamo per con-fonderci profondamente all’interno   dei suoi vivaci e pittoreschi locali e caffè. Ed è proprio in uno di questi tipici ristoranti che ci accomodiamo per consumare piatti raffinatissimi (il salmone ne caratterizza una buona parte), ma  discretamente cari, anche se non superano i 30 Euro.
Rientrati in hotel, approfittiamo della benevolenza dei giovani della reception per prenotare  l’autobus per raggiungere, nei giorni successivi, la storica Quebec City.

30  Luglio

Buongiorno a tutti! Non vi ho ancora aggiornati a proposito del clima che in questa stagione vige in Canada. Semplicemente meraviglioso, con i suoi 23-25 gradi, che raramente calano sotto i 20, anche quando scende l’imbrunire o quando al mattino si è in attesa che il sole conquisti definitivamente lo spazio celeste. Insomma, un bel vivere davvero, anche se stamattina (eccezionalmente e provvisoriamente) è più fresco del solito.
La Pina, ancora una volta, si è incaricata di scegliere un accogliente bar per la colazione, dove ci intratteniamo più del solito, sopratutto perché si accetta di perderci in una lunga dissertazione su come accudire al meglio i nostri “anziani”, mettendo naturalmente anche a confronto le reciproche esperienze intrattenute con le diverse sensibilità delle badanti.
Dopo una mia breve illustrazione dell’intenso programma odierno, alle 9.30 ci indirizziamo subito verso il Parlamento, la più forte e simbolica attrazione di Ottawa. Il primo appuntamento, alle 10.00, è con la sontuosa manifestazione del solenne “Cambio della Guardia”, felicemente accecati dal un sole terso, che splende sull’intero parco che si estende di fronte al Parlamento. Si tratta di indovinare la posizione logistica più strategica, obiettivo che riusciamo a conseguire per merito della Teresa che, com’è ben noto, non è solita disdegnare le migliori, possibili comodità.
Scene pittoresche, dove si resta letteralmente incantati dalle musiche che le fanfare diffondono, richiamando applauditi inni  nazionali, che anche il mio amoroso Alessandro avrebbe intonato, magari scambiandoli per il suo apprezzatissimo “Fratelli d’Italia”. Il parco, a poco a poco, si riempie con lo schieramento di allineati corpi dei vari ordini militari, perfettamente diretti da una regia che anzitutto tiene a rendere la scena perfettamente teatrale.
La visita al complesso degli edifici parlamentari è guidata e sopratutto offerta gratuitamente. Come non approfittarne? Ma siamo matti davvero… Avanti tutta, all’interno di percorsi arricchiti da ampie volte, da sculture monumentali, da una tipica biblioteca in legno e ferro battuto, da torri ascendenti, fra le quali primeggia la “Peace Tower”, servita da un comodo ascensore che, dal balcone posto alla sommità, ci consente di spaziare stupendamente sui lontani confini circostanti.
Sono oramai le 14.00 quando possiamo considerarci soddisfatti di una pluralità di visite parlamentari e quando decidiamo di passeggiare verso un pittoresco quartiere, il Glebe, dove si susseguono autentiche residenze, ristoranti e caffè artistici, riservati anzitutto a coloro che sono soliti servirsene quotidianamente. Si percorrono un paio di viali, costeggiati da spazi verdi ben curati e protetti, quasi gelosamente, dai locali residenti, così come ci viene illustrato da uno zio e un nipote che parlano perfettamente l’italiano, proprio perchè tali sono. Una visita raccomandabile! E non soltanto perché ci agevola logisticamente l’accesso alla Little Italy, che attraversiamo in lungo e in largo, sostando naturalmente in “Corso Italia” per consumare un brindisi con alcuni ex connazionali, fra questi Mario, l’abruzzese che contrariamente ai primi anni della sua emigrazione, oggi si rifiuta di tornare, anche di quando in quando, in Italia, tanto così è discreditata in terra canadese.
Si rientra in centro in autobus e si decide di anticipare una rapida cena a self-service all’interno del By Ward Market. Sono oramai quasi le 19.00 e fra mezz’ora appena ci dobbiamo imbarcare per una spettacolare attraversata dei fiumi che circondano Ottawa. Un’ora e mezzo impeccabile, attraverso un susseguirsi di scenari che miscelano suggestioni del paesaggio con l’eleganza dei monumenti che si aggrappano alle colline circostanti, per di più accompagnati dal fascino di un coloritissimo tramonto.
Appena si rientra, non ci resta che una manciata di minuti, atti a consentirci un fugacissimo salto in hotel (data la sua vicinanza) e dunque spostarci sul parco del Parlamento, che troviamo quasi ormai assiepato da alcune migliaia di appassionati dell’originalissimo spettacolo “Luci e Suoni”, che ancora una volta, gratuitamente, ci viene offerto alle 22.00 esatte. Uno spettacolo che potrebbe non conoscere limiti di prezzo, qualora decidessero di farlo pagare. Unico, ma sopratutto capace di lasciarti, per un’ora intera, con il fiato quasi sospeso, capace di coinvolgerti fino all’inverosimile, con una forza così potente da non concederti la benché minima distrazione. Luci e Suoni che raccontano pezzi di storia canadese, che illustrano orgogliosamente la propria identità nazionale, sfavillando efficacemente sull’intera facciata monumentale del Parlamento. Luci e Suoni capaci di generare fascino e suggestioni accecanti, che stasera si confondono gradevolmente con la limpidezza di un chiaro cielo turchino, preziosa occasione per il nostro Alessandro che, sono certo, ne avrebbe approfittato per intonare i “suoi” “Fratelli d’Italia”. Vige un silenzio assordante, dove nessuno, così emozionalmente preso, si permette di scambiare commenti con chi gli siede accanto.
Una giornata intensissima, conclusa insieme a un’immensa folla, che lentamente e civilmente saluta questo piacevole parco, rimasto assolutamente intatto, dove non è dato riscontrare la dispersione di un qualsivoglia residuo.

31  Luglio

Mi alzo con un qualche malessere, che interessa anche le altre compagne di viaggio. Il motivo? E’ presto detto: l’eccessiva dose di area condizionata. Vi ho già avvertiti del fatto di come il clima sia, in questo periodo, particolarmente apprezzabile. Contrasta, però, con quello che interessa gli altri 8-9 mesi dell’anno, quando la temperatura può scendere, addirittura, fino a 25-30 gradi sotto zero. E’ chiaro, dunque, che quando si registrano + 22-25 gradi, per i nostri amici canadesi si rischia l’insopportabilità. Ed allora, che fare? Nessun problema, nei luoghi dov’è possibile (ovvero, almeno tutti quelli al chiuso) la temperatura va tenuta intorno allo 0, “congelando” così noi poveri cristi. Volete sapere dove tenevamo gli incontri di gruppo per definire i nostri programmi? Quasi sempre sul marciapiede di fronte all’hotel, dato il rischio-congelamento se ci fossimo accomodati nella reception. Dunque attenti, copritevi bene in un qualsiasi locale al chiuso (hotel, ristorante, metrò, museo, ecc, ecc.), anche se, almeno nel nostro caso, non è stato sufficiente, in quanto la condensa dell’area condizionata è capace di penetrare attraverso le narici, le orecchie, le dita dei piedi.
Oddio, anche se per me si è trattato di un vero e proprio avviso di bronchite, negli altri casi ci si è limitati a forti raffreddori e tosse accanita, che ha disturbato tutte. Noi, per carità, ce ne siamo fatti una ragione e non abbiamo posto alcun limite o ritardo al nostro programma, anche per merito di alcuni medicinali efficacemente indovinati, a partire da quelli messi a disposizione dalla previdente “Previdenza” di Gloria.
Dopo una colazione consumata lentamente e dopo che mi si chiede (non ne ricordo il movente!) di raccontare dettagliatamente un episodio occorsomi a 15 anni alle Magistrali di Siena, episodio che mi provocò una sospensione di ben 15 giorni, “chianna”, “chianna” ci si dirige verso la Cattedrale-Basilica “Notre-Dame”, la più antica chiesa di Ottawa e sede dell’Arcivescovado cattolico. Una Cattedrale molto originale e stravagante, sia per i suoi intagli in legno, che per le caratteristiche del suo soffitto, completamente ricoperto di stelle.
Esattamente di fronte si trova la “National Gallery”, che raccoglie la più ampia e dotata collezione di arte contemporanea canadese, comprese sezioni uniche di arte inuit. La struttura architettonica è già di per se un’opera d’arte, un esempio convincente di architettura moderna, che si apre all’esterno attraverso un’ampia galleria illuminata da gigantesche vetrate, che poi si innalzano, puntando su guglie in cristallo ben elaborate, che contornano torri svettanti sull’apice del tetto.
Sono esposte opere di artisti americani ed europei, anche se la massima attrazione è data da quelle canadesi, sia per la loro originalità, sia per la completezza della collezione che ci riserva la “Inuit Gallery”. Concordiamo di dedicarvi almeno due ore piene, ovviamente liberi di disperderci nelle sale che più colpiscono la sensibilità di ognuno, mentre io e Sandra vi abbiniamo anche la ricerca (purtroppo vana) di eventuali esposizioni di una nostra, cara amica, purtroppo passata (Jane Reume), vissuta per tanti anni in una splendida casa colonica nelle campagne di Certaldo.
Il passo successivo (conseguito dopo un numero di  passi veri, pari ad almeno due chilometri, necessari per attraversare l’interminabile ponte “Alexandra” e dunque inserirci all’interno del Gatineau, ovvero l’altra metà di Ottawa, quella franco-canadese) è il Museo della Civilizzazione, che visitiamo dopo una breve sosta sulla riva del fiume, utile per apprezzarne sia le sinfoniche cadenze saltellanti delle acque, sia alcuni originali piatti serviti in un vicino self-service.
Un museo memorabile, capace di documentare in modo efficace e diretto la storia e la vita autentica del Canada. Ogni salone è accuratamente arricchito da apposita documentazione illustrativa, ma  dotato anche di oggetti originali e tipiche attrezzature che rendono immediata la percezione di tradizioni complesse, che caratterizzano lo sviluppo di civiltà autoctone. Un museo composto da un numero inestimabile di sale e saloni, che ci impegna l’intero pomeriggio.
Rientriamo in hotel per un paio d’ore di riposo, prima di scendere sul corso principale (unica possibilità per evitare di essere distrutti dall’area condizionata) per consumare la cena in un tradizionale ristorante libanese e rientrare molto presto, intorno alle 21.00, sia perché un po’ malconci, sia in considerazione della prevista levataccia dell’indomani mattina.

1  Agosto

500 chilometri separano Ottawa da Quebec City e ci toccano tutti stamani. Affrettiamoci! Dobbiamo accelerare, anche perché acquisire i primi posti sull’autobus, oggi serve davvero.
Alle 7.00 siamo già alla stazione dei bus ed alle 8.00 in punto si parte per raggiungere Montreal alle 10.00. Qui si cambia la corriera e si riparte dopo un’ora per arrivare a Quebec City alle 14.00. Viaggio svolto alla perfezione e nella massima comodità e con un tempo residuo della giornata sufficiente a prendere padronanza di parte della città.
Arrivati, si scopre che l’hotel prenotato da Sandra, si trova a San Nikolas, una  frazione un po’ distante dal centro. All’inizio si percepisce come una possibile difficoltà, in realtà risulterà una comodissima location, dato che avendo prenotato una propria auto, avremmo avuto sicure difficoltà a parcheggiare in centro città. Le camere sono ottime, l’accoglienza superlativa, le ragazze della reception senza confronti, naturalmente in positivo. E con un taxi si rientra immediatamente in città, dopo aver dato tempo a Sandra di mettersi in contatto con Silvia (e Alessandro), aver consultato le mail del Damis e dei nostri amici di Pitelli.
Quebec City (e non Ville de Quebec, a riprova di quanto sia accentuato il dualismo fra la popolazione anglofona e quella francofona) si presenta come un grande museo all’aperto, come un pregiato centro storico nostrano, ovvero come se agglomerassimo insieme Certaldo Alto, San Gimignano, Volterra, Fiesole, Pienza. E’ la città- risultato della prima colonizzazione francese nel Nuovo Mondo, anche se a seguito del trattato di Parigi del 1.763 passerà sotto la Corona britannica. La sua architettura richiama molto quella europea, con un centro storico caratterizzato da un susseguirsi di stradine strette, piazze inclinate, negozietti accoglienti e chiese curate… e dove niente è mai fuori posto. Inclusa dal 1985 nel Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, la città è articolata su due livelli, efficacemente collegati da una rapida ed efficiente funicolare.
Ne attraversiamo una buona parte, rinviando all’indomani le visite più dirette, anticipando invece la cena, anche perché ci siamo permessi di saltare il pranzo, dopo aver appena abbozzato qualcosa per la colazione. Un’ottima cena, servita senza fretta dal figlio di un lucchese e pagata caramente, rispetto ai costi di Toronto, anche se poco più di 30 euro. Sì, il costo della vita è molto più alto in Quebec, quasi certamente dovuto all’alto tasso di presenza turistica.
La nostra salute continua a stentare un po’, tanto che ci premuriamo di fare scorta di compresse e sciroppi, per evitare che i nostri sintomi di malessere (tosse e raffreddore) dilaghino ulteriormente. Poi rientriamo in hotel, dove le nostre premurose ed efficienti signore sono incaricate di prenotare le camere a Montreal, utilizzando gratuitamente la postazione internet dell’hotel.

2  Agosto

Per quanto potentissima, l’area condizionata non è riuscita a stroncarci in modo definitivo, tant’è che ci si alza abbastanza rinfrancati, specialmente dopo un’ingombrante e carissima colazione e dopo le confessioni di ognuno di aver approfittato del comodissimo letto per dormire fino a 11 ore, come nel caso di Teresa.
La prima visita è riservata a “La Citadelle”, la struttura difensiva, costruita e potenziata prima dai Francesi e poi dagli Inglesi durante un lungo secolo (1.750-1.850), collocata nella parte alta della città per contrastare i tentativi di invasione messi continuamente in atto dagli Americani. Lo scenario (merita confessarlo) non suggerisce particolari motivi di attrazione, se non per  la sua dominante posizione strategica, sul punto più alto di Cap Diamant, che avrebbe potuto offrirci ben più se non avessimo dovuto fare i conti con qualche scampolo di fastidiosa pioggiarella che, tuttavia, ci accompagna per non più di un’ora.
Le distanze in Quebec City sono a portata di mano e invogliano a gironzolare all’interno di questo accattivante centro storico allargato. Si scorre su e giù attraverso i delicati vicoli del centro, mettendo in conto anche qualche breve sosta (come avrei potuto resistere a quattro sgargianti signore?) per qualche spicciolo di acquisto: il più importante fra questi è senz’altro un simpatico impermeabile  per lo “tsunami” Alessandro. Incamminarci lungo la Rue St.Jean è obbligatorio se vogliamo goderci e apprezzare compiutamente la città, magari meno storica, posta al di fuori delle mura, con quartieri affascinanti per il loro respiro bohèmienne, epicentro di un’animata vita notturna, dove la città si apre alla contemporaneità. Virtuosa contemporaneità, fino a rispettare una simpatica e inattesa sorpresa che mi piace  riservare alla Teresa (storica cultrice di una brillantissima cioccolateria fiorentina): la visita  del “Choco-Musée Erico”, dove nessuno, assolutamente nessuno, ce la fa a resistere alle più svariate, possibili tentazioni goderecce.
Bene, siamo oramai giunti al pomeriggio quando, rientrando all’interno delle storiche mura, Sandra (notissima esperta di tradizioni popolari) s’intrufola all’interno dei laboratori dove si stanno svolgendo le prove per “Les Fetes dela Nouvelle France”, che però si terranno l’indomani pomeriggio.  Non riusciamo a non farci coinvolgere e dopo aver domandato provvisoria ospitalità, ci accomodiamo su alcune panchine, proprio per ispezionare il succedersi di rappresentazioni sceniche particolarmente raffinate.
C’è ancora tempo per concentrare la nostra attenzione, sia su la “Basilica di Notre-Dame”, una delle prime Cattedrali del Nord America, sia su la “Cathedral of the Holy Trinity”, la prima anglicana costruita al di fuori delle isole britanniche. Ma la curiosità più affascinante di questo “Quartier Latin” è indubbiamente dovuta al monumentale “Chateau Frontenac”, che passa per l’albergo più fotografato del mondo. Noi siamo fra questi fortunati, anche se soltanto in veste di curiosi osservatori e attenti fotografi e non di privilegiati clienti.
Ma non lamentiamoci, perbacco, anche perché disponiamo ancora delle forze sufficienti per scendere a piedi nella parte bassa della città, dotata di vecchi nuclei altrettanto incantevoli.  L’attraversiamo in lungo e in largo, penetrando in un affannato labirinto di vicoli tortuosi, dove si accalcano infiniti stuoli di benvenuti turisti. Altro che crisi, in Quebec, così come in tutto il Canada! Il “Vieux Port”, la “Place Royale”, la “Rue du Petit-Champlain”, costituiscono i veri punti di riferimento e danno vita a compatti quartieri, vissuti esattamente secondo quanto recita uno storico slogan locale:”La gioia di vivere nel Quebec”. Noi tentiamo di coglierne tutte le possibili opportunità, “sfruculiando” e “intrufolandoci” qua e là, senza sosta, se non per gustare alcuni tipici piatti locali, che la nostra parsimoniosa cassiera Gloria è ancora in grado di garantirci, malgrado continui a  mantenere diretti contatti col sistema bancario internazionale e dunque registrare il crollo di gran parte del mondo finanziario. Peggio per loro, Gloria, noi intendiamo fare di tutto per cavarcela alla meglio.
Un’ottima serata, che concludiamo con la prova della funicolare per risalire nella parte alta. Una prova alla quale teniamo tutti quanti, a partire dal sottoscritto, che potrà così confrontarla con le molte altre sperimentate tanti anni fa in Svizzera, quando (allora Sindaco) si trattò di avviare la progettazione e dunque la realizzazione di quella di Certaldo. Un vero piacere, che consumiamo  tornando a incantarci di fronte al “Chateau Frontenac”, deliziosamente illuminato dagli ultimi raggi di un sole che indugia a tramontare… e poi ancora avanti, riattraversiamo il Quartiere Latino, puntando però, questa volta, tutta la nostra attenzione nello scoprire una stazione taxi per indirizzarci, in fretta e furia, al nostro hotel, in quel di St. Nicholas.

3  Agosto

Per oggi e domani abbiamo saggiamente prenotato un’auto, noleggiata all’Enterprise, il cui personale si incarica di venirci ad accogliere direttamente in hotel, dove stamani, ci intratteniamo tecnologicamente con Silvia, per essere ragguagliati sulle mosse del brigante Alex.
Il rapporto con l’agenzia si svolge con garbata maestria e professionalità, dopo che si passa alla visita di Levis, una simpatica cittadella, che ci regala stupefacenti scorci proiettati sulla storica Quebec, specialmente quando ci inerpichiamo sulla “Terrasse” belvedere, attraverso la quale si accede al forte, conosciuto come “Fort N° 1”.
Scorrere sulla costa del St. Lawrence River è un’assoluta meraviglia per i panorami mozzafiato che si susseguono e si susseguirebbero ancor più lungamente se avessimo il tempo di dedicargli un’intera giornata. Ma non sta nelle nostre prerogative, anche perché non possiamo non soddisfare le aspettative di chi non disdegna il legittimo e giustificato piacere di intrattenersi con altre altrettanto appetitose opportunità, come la sosta in alcuni eleganti negozi, a partire da quelli del più vario e diversificato antiquariato. Scorre così la mattinata, all’interno della quale ritagliamo il tempo necessario per prenotare, unendo l’utile al dilettevole, i biglietti del bus per Montreal.
La passione riversata sulla natura è assolutamente soddisfatta nel pomeriggio, quando mi prendo la responsabilità di condurre il gruppo sulla fertile Isola di Orleans, dove l’atmosfera  della “Vecchia Francia” riesce a contaminare chicchessia, specialmente se riserviamo la dovuta attenzione alla visita delle antiche fattorie, oggi accuratamente restaurate, ieri titolate a identificare l’Isola come l’ “Ile de Bacchus”, proprio perché produttrice di vini dal pregio inconfondibile. In ognuna di queste è consigliabile soffermarci a gustare i loro prodotti più genuini, serviti secondo la logica della nostra cosiddetta “filiera corta”: salumi particolari, formaggi del locale pascolo, cioccolata sapientemente artigianale. Un’isola di calma tranquillità, capace di esercitare un fascino autentico, generato dalle sue apprezzabili combinazioni, incentrate sui più diversi modelli di ruralità.
Qualcuna delle mie compagne azzarda l’avvincente ipotesi di sostarvi fino alla conclusione della giornata; ma il programma non lo consente, mi spiace, carissime amiche e compagne. Alle 18.00 scorrerà, sulla già richiamata St. Jean, il celebre Corteo Storico de “Les Fetes dela Nouvelle France”. Possiamo permetterci di snobbarlo? Non credo proprio, anche perché abbiamo la riprova del fatto che si tratta di un evento spettacolare e sopratutto contaminante, composto e rappresentato dalla cultura e dal folklore del Canada di tutti i tempi, orgoglioso e determinato nel rivendicare e difendere autorevolmente la propria, autonoma identità. Siamo tutti presi, Sandra ancor più, tanto che si scaraventa da un lato all’altro del Corteo, sia per documentarne le mosse più originali, sia per scandire i tempi degli armoniosi cori che invadono letteralmente l’atmosfera dell’intera città, giustappunto determinata nel valorizzare le proprie, più autentiche, tradizioni culturali e identitarie.
Pina e Gloria prospettano la felice idea di non abbandonare questa mitica “Grande Alee” neppure per la cena, che consumiamo in uno dei ristoranti più raccomandati della zona, continuando a mantenere viva l’attenzione sui più vari movimenti che si succedono nei d’intorni. La direzione per rientrare nel nostro St. Nicholas (e dunque nel nostro hotel) mi è ormai abbastanza familiare; pertanto la corsa si affretta velocemente, senza incertezze e senza distrazioni di sorta.

4  Agosto

L’incertezza del tempo non allenta la nostra frenetica voglia di prendere la corsa verso la regione del Charlevoix, prospera e verdeggiante, dichiarata dall’UNESCO Riserva Mondiale della Biosfera. Mi piazzo subito alla guida, mentre la Pina mi aiuta a indovinare immediatamente la giusta direzione, imboccando la Rte 138. Scorre veloce lungo l’intero Sant-Laurent River, che man mano si estende per precipitare direttamente nell’Atlantico. La prima sosta è dedicata alla Baia Saint-Paul, un prospero villaggio dove si assaggia esuberante il dominio della natura che suggerisce, a noi viaggiatori, di muoverci in punta di piedi per non turbare l’equilibrato ecosistema. Magari ci fossimo potuti permettere di spostarci in punta di piedi e raggiungere così San Simeon! Come avremmo potuto, disponendo di una sola giornata? No, noi dobbiamo riprendere la Rte 138 e a San Simeon documentarci dettagliatamente circa gli orari del traghetto che ci consentirà, in tarda serata (alle 19.30) di attraversare il Sant Laurence, per rientrare a Quebec dalla sponda opposta del River.
La “strada delle balene” prosegue fino a raggiungere il Parco del Saguinay, dal nome del fiume, l’affluente più importante del Sant Laurence. La Baia St. Catherine e il villaggio di Tadoussac, posti dirimpetto sul fiume, padroneggiano il parco marino, costituendo un vero e proprio palcoscenico sul quale la natura esibisce interamente la propria forza, combinata con la disarmante bellezza e armonia dei loro ordinati quartieri, caratterizzati da piccole e simpatiche case di legno, che suggeriscono la memoria della storica canzone di Gino Latilla (scomparso pochi giorni fa), che cantava appunto: ”Avevo una casetta piccolina in Canada e tutte le ragazze che passavano di là, dicevano che bella la casetta in Canada!”.
Ne possiamo approfittare soltanto per una manciata di minuti, lasciandoci accarezzare dalla brezza dolce e frizzante che ci accompagna fino al porticciolo dove nel lontano 1.535 sbarcò Jacques Cartier e da dove, ancora oggi, partono i battelli. Ci imbarchiamo sul primo per rispettare l’appuntamento concordato al largo con le balene, dove l’incontro fra l’acqua dolce del fiume e l’acqua salata dell’Atlantico favorisce la proliferazione di un’abbondante fauna ittica, ovvero il loro cibo preferito. Scegliamo il mezzo più comodo (il battello, rispetto al gommone), ma le forti correnti ci strabattono comunque violentemente, innaffiati e infreddoliti dal vento a tratti davvero pungente. Io e Sandra avevamo già avuto la fortuna di imbatterci, in terra di Uruguay, nelle spettacolari danze di un nutrito gruppo di balene e sarà per questo che inizialmente gli scarsi avvistamenti sembrano deludere le nostre aspettative.
Ma per fortuna non sarà così, di lì a poco, ci imbattiamo in numerosi branchi che ci fanno assistere a una gara di nuoto sincronizzato: balene che guizzano saltellanti, espellono quantità  enormi di acqua, sbattono la coda frusciante e sembrano rincorrersi, inscenando una movimentatissima rappresentazione teatrale, dove ognuna cura la propria parte, regalandoci sorprese ed emozioni che lasciano tutti incantati. Uno spettacolo imperdibile, che vale la fatica del viaggio e che ci fa rimpiangere il fatto di avergli potuto dedicare soltanto una parte del pomeriggio.
Appena rientrati sulla terra ferma, fortemente preoccupati di non farcela con l’ultima corsa del traghetto San Simeon-Riviere du Loup, comincio a correre quasi all’impazzata, naturalmente con il convinto sostegno delle mie signore. Che ci va ci vuole… l’obiettivo è farcela, anche se di regola (regola della compagnia traghetti) saremmo dovuti arrivare almeno un’ora prima della partenza.  In realtà, si entra in porto pochi minuti prima della partenza, disponibili tutti quanti a giostrarci congiuntamente, ognuno secondo le proprie migliori attitudini, per convincere gli addetti a farci imbarcare. Chi riesce a offrire il meglio di sé e dunque a conseguire i migliori risultati è Maria Teresa, che con una diretta intermediazione praticata nei confronti di un anonimo signore (quello che noi chiamavamo l’omino), riesce a convincere il personale di servizio e alle 19.30, pronti, si parte.
Una felice combinazione fra un po’ di fortuna e la tanta e competente determinazione, ci consente di utilizzare in modo più efficace possibile il nostro “prezioso” tempo, senza perderci in attese e senza consumare ritardi. Che bellezza! Una giornata platealmente intensa, dove anche i 65 minuti necessari per l’attraversamento sono utilmente utilizzati, questa volta per una cena consumata a bordo. Forse, diciamocela tutta, chi ci rimette un po’ è la visita esclusivamente in notturna del raccomandato villaggio Riviere du Loup, ovvero del “Fiume del Lupo”, una tappa  ricca di indubbio fascino, che avrebbe potuto meritare più tempo.
Si rientra percorrendo, come già detto, l’altra sponda del River, dove peraltro è ubicato il nostro hotel, che si raggiunge comodamente intorno alle 23.00, ovvero quando, io e la Pina, siamo costretti a svegliare Sandra, Maria Teresa e Gloria, che se la stanno dormendo (giustificatissime, ma anche invidiatissime) alla grande.

5  Agosto

Di buon mattino ci avvantaggiamo per la riconsegna dell’auto e dopo aver regolarizzato le dovute operazioni, si è gentilmente e gratuitamente accompagnati alla stazione dei bus, pronti per avvicinarci a Montreal.
Il viaggio scorre tranquillo e ognuno ne approfitta per gustarsi lo spettacolare scenario dettato da un susseguirsi di incantevoli spazi di mirabile paesaggio, mentre Sandra ci racconta di aver controllato la posta elettronica e ci informa di come il nostro Alessandro si stia divertendo, riuscendo a coinvolgere anche il comandante della nave, con il quale ieri si è addirittura intrattenuto in ballo.
Attraversiamo un’affascinante regione rurale, piena di pascoli e colline, dall’atmosfera molto suggestiva, che caratterizza tutta la regione dei Cantons de l’Est e nel primissimo pomeriggio siamo già arrivati nella seconda città di lingua francese al mondo, dove sventola la bandiera del Quebec e non quella del Canada. Quando si dice orgoglio dell’appartenenza!
Abbiamo indovinato un hotel (sempre prenotato via internet) posto esattamente di fronte alla stazione dei bus, tanto da poter essere raggiunto a piedi. Ci concediamo un’ora di relax, prima di incamminarci verso il già familiarissimo St.Laurence River, attraversando parte della città vecchia e sostando sopratutto nella vivacissima Place Jacques Cartier, dove si disperdono numerosi gruppi,   impegnati a diffondere piacevolissime note di musica classica.
E’ qui che consumiamo il restante scampolo del nostro primo pomeriggio a Montreal, una straordinaria metropoli che mi piace apprezzare, fin da subito, più come una brillante città da vivere intensamente, che non semplicemente da visitare. La Jacques Cartier rappresenta uno dei cuori pulsanti più folkloristici, sia per  l’avvicendarsi di spettacoli teatrali e musicali, sia per le molteplici opportunità di apprezzare gustosi piatti tipici che, naturalmente, anche noi stasera ci concediamo, peraltro all’accettabile costo di 20 euro.
Montreal costituisce una grande metropoli, ma è così piacevole passeggiarvi (viverla, come vi dicevo), che anche le distanze più notevoli si affrontano molto volentieri, così come si fa stasera per rientrare in hotel. Quattro chiacchiere nella hall, qualche prima considerazione, l’intesa per l’indomani mattina… e poi a letto, dopo aver dismesso l’impianto dell’area condizionata e aver disteso il nostro attento sguardo sulla città illuminata, approfittando (dimenticavo!) del fatto di trovarci al 19° piano.

6  Agosto

Pina, la nostra assoluta mattiniera, ha già indovinato la sede giusta per la colazione. Ci accompagna e ci presenta al giovane intraprendente che ha studiato e fatto pratica in Italia, alla scuola di “Design” di Milano. Parla decentemente l’italiano edha una voglia matta di intrattenerci su argomenti di ordine politico. Su chi cadranno le prime note? Indovinato, si proprio su di lui, il “nostro” Cavaliere! Ne parla senza usare metafore o mezze parole, quando a un certo punto del ragionamento usa un vocabolo in francese che non sa tradurre in italiano. Maria Teresa (che nel frattempo si è distratta e non si accorge che si sta ancora parlando di Berlusconi, verso il quale ha nutrito una qualche simpatia, come suole attestare, determinato, il Damis), da buona esperta di lingua francese ci traduce il vocabolo in “… una vera Vergogna nazionale …”; e quando si avvede che la frase tradotta è riferita a Berlusconi, si scoppia tutti in una, comprensibile, fragorosa risata.
Ma non c’è da mettere altro tempo in mezzo, la giornata che si presenta sarà davvero intensa. La  Rue St. Catherine è nota come una delle arterie strategiche di Montreal ed è su questa che ci incamminiamo, esattamente di fronte all’hotel. Si comincia a comprendere e percepire così la forza  che emana il “ventre” di questa metropoli, la sua voglia e la sua sfida di essere, di condividere le sorti di questo Paese Canada, ma di farlo valorizzando e mettendo in conto, sul piatto (come si direbbe) tutte quante le proprie risorse ed energie. Sì proprio tutte, anche quelle che si sono fecondamente aggiunte negli ultimi decenni o anni, provenienti da altri Paesi: Argentina, Messico, Guatemala, Colombia, Nicaragua, Panama, Perù, Cile, ovvero in particolare dal Centro e Sud America. Ne abbiamo una splendida e inconsueta riprova, imbattendoci, proprio sulla St. Catherine, nella “Festa dell’Amicizia”, che si spende in allegre manifestazioni, con canti e musiche delle più diverse tradizioni popolari di questi paesi. Vivono a Montreal in perfetta amicizia, valorizzando la propria cultura di appartenenza, condivisa dalla più assoluta tolleranza della popolazione locale, che  si stringe attorno in massa, specialmente quando il corteo comincia a sfilare per le vie della città, innalzando e sventolando i drappi, le bandiere, i gonfaloni dei paesi d’origine.
E quando si dice il caso… il caso volle che Sandra rivolgesse qualche curiosità a una ragazza guatemalteca la quale, neanche a farlo apposta, aveva vissuto qualche anno a Firenze e sopratutto aveva coltivato una sincera e profonda amicizia con Anna Borghini, l’Anna di “Donna Anna”, la protagonista di una delle più felici pubblicazioni di Sandra. Nata e in parte vissuta nella nostra Certaldo si sposò con un guatemalteco, Manuel Colom Argueta, che divenne sindaco della capitale, candidato alla presidenza della Repubblica e per questo motivo, tragicamente, fatto fuori dagli avversari.
Siamo ormai in mattinata avanzata quando si raggiunge il Museo delle Belle Arti, che purtroppo è in parte inaccessibile, perché in corso di restauro. Peccato, anche se in compenso… ci fanno entrare gratis… e tutto ciò che si risparmia è trovato. Non vi pare?
Un museo affascinante, sopratutto perché mette in mostra (insieme a Picasso, Rembrandt, Monet) la migliore arte contemporanea canadese, almeno per me totalmente sconosciuta. Appassiona tutti, fino a consigliarci di tornare sui nostri passi per  riassaporare la beltà delle opere, sia che illustrino paesaggi, sia che si ingegnino nel puro astrattismo.
A metà pomeriggio usciamo per accogliere una proposta di per sé vincente: quella di Pina e Gloria che suggeriscono di prendere parte al “Festival Mode Design”. Ci accomodiamo in un caffè di fronte alla passerella dove alle 18.00 avrebbe dovuto aver corso il defilé ufficiale. Non sarà così, malgrado la nostra lunga attesa, che comunque consumiamo senza annoiarci, dato il via vai che contorna gli scenari circostanti, dove giovani modelle e modelli si stanno preparando alla meglio e dove noi ci abbandoniamo ai più vari e curiosi commenti, che voglio sperare non siano stati suggeriti da motivi (pur legittimi) di invidia. E’ in questa circostanza, infatti, che la Pina ci rammenta di quando, qualche giorno prima, controllando la mia patente, con foto risalente al 1971, l’addetto della “Rent Car” volle controllare se conoscessi o meno la mia data di nascita. Care amiche e cari amici, voglio tranquillizzarvi: me la sono ancora ricordata con perfetta esattezza.
Sarà per questo che stasera le amiche, anche di viaggio, mi affidano il compito di scegliere il ristorante. Felicissimo opto (indovinando meravigliosamente) per restare in Piazza delle Arti, anche perché abbastanza comoda per coloro (è il nostro caso) che hanno deciso di non perdere l’occasione di illuminarsi allo spettacolo “Et la lumière fut”, che alle 21.00 si terrà nella Basilique Notre-Dame. Non è stato semplice accedervi, perché arrivati con appena mezz’ora di anticipo, quando tutto era già stato prenotato. Per fortuna, qualche ritardatario ci consente di prendere posto e di partecipare a uno spettacolo di luci e suoni così contaminante che ci coinvolge fino all’inverosimile, raccontandoci la storia e la vita di questa città, le sue migrazioni, la sua gelosa identità, difesa però con rispetto e armonia. Un’occasione, insomma, da non perdere assolutamente, peraltro in una Basilica che costituisce il monumento simbolo della città, più volte salita agli onori della cronaca, come quando, nel 2.000, ebbe a celebrare l’incontro fra Jimmy Carter e Fidel Castro, accorsi per partecipare ai funerali di stato dell’ex primo ministro canadese, Pierre Trudeau.
Che dirvi di altro a quest’ora, se non buona passeggiata per rientrare in hotel e sprofondare  in un profondo sonno, stanotte giustificato anche qualora qualcuno o qualcuna si concedesse notturna rumorosità.

7  Agosto

Si dà corso, di buon mattino, a un’intensa giornata dedicata interamente alla visita della città.
La prima curiosità è dettata dalla maestosa facciata dell’”Hotel de Ville” (il Municipio), che purtroppo non ci sarà consentito visitare perchè oggi è chiuso. Un vero peccato, anche perché avremmo così potuto tentare di affacciarci al balcone dal quale, nel 1967, il presidente francese Charles de Gaulle colse tutti di sorpresa quando ebbe a gridare alla folla “Vive le Quebec libre!”, contribuendo così a compromettere i già difficili rapporti con Ottawa e il Canada anglofono.
Anche la visita alla più antica chiesa in pietra della città, la “Chapelle Notre-Dame de Bonsecours” è in parte compromessa, questa volta dalla contemporanea celebrazione della Messa. Tuttavia non manchiamo di apprezzare questo simbolo speciale per i marinai, che proprio qui esprimevano i loro sentimenti, prima di imbarcarsi per lunghe traversate oceaniche.
Si prosegue per accedere all’impegnativa scalata della Torre dell’Orologio, la cui sommità è garantita soltanto dopo 195 scalini, da dove si domina un magnifico orizzonte, sia  sul fiume che  sulla città. Credo sia già chiaro che stiamo conquistando l’area del vecchio porto di Montreal, con i suoi potenti quattro moli distribuiti lungo le rive del maestoso Riviere Saint-Laurent. Un quartiere completamente riprogettato, reso allettante da un parco ricco di notevoli attrazioni mirate sopratutto al relax, al divertimento, allo sport, alle passeggiate e al pattinaggio. E’ però anche la zona degli imbarcaderi, dai quali partono i battelli da crociera, piuttosto che i motoscafi e i traghetti che ci conducono all’interno del “Parc Jean-Drapeau”, dove nel 1967 si tenne la memorabile Esposizione Universale. Visitiamo attentamente una delle due isole, la “Sainte-Helene”, ricchissima di percorsi  che invogliano a non desistere, che sollecitano e raccomandano la più scrupolosa introspezione all’interno di piccoli villaggi, avvolti da una natura davvero prosperosa e ricca di giardini lussureggianti. Non mancano neppure significative opportunità artistiche e architettoniche che circondano i vecchi padiglioni dell’Esposizione Universale. Il più richiesto resta quello americano, opera di Bucky Fuller, che oggi ospita la “Biosphere”, un centro che illustra l’ecosistema dei grandi laghi.
Quando sull’ora del tramonto ci imbarchiamo per riappropriarci del centro storico di Montreal, si è colpiti dalla grandiosità scenica che si percepisce dominando l’intero assetto della città, giustappunto affacciata sul Riviere Saint-Laurent. C’è bisogno di ripenetrarne il cuore pulsante, quello dei cento ritrovi, dell’improvvisazione teatrale, del girovagare rilassato, conquistati totalmente dal fascino della città vecchia, dove torniamo anche per prelibarci di nuovo di un delizioso concerto, orchestrato nella sontuosa Basilica di Notre-Dame.
Alla fine è ormai giunta l’ora della cena, così come l’ora della pioggia che, comunque, adesso accettiamo di buon grado, dato che Pina aveva previsto piovesse per l’intera giornata. Mi spiace Pina, sei stata gradevolmente smentita! E con questo, buona notte a tutte le mie gentili signore.

8  Agosto

Buongiorno! E così sarà, a partire dalla consumazione di ottime prelibatezze che la mattiniera (indovinate chi sarà!) ci consiglia accoratamente dopo essersi messa, essa stessa, alla prova.
La prima delle molteplici tappe è riservata alla Cattedrale Christ Church, uno splendido edificio neogotico che ospita il tempio della comunità anglicana. Si espande direttamente sulla storica Rue Ste-Catherine, che torniamo a percorrere anche per assaporare l’atmosfera quasi latina della Rue Crescent, con i suoi bar e caffè che all’imbrunire si infittiscono di giovane clientela godereccia.
Ma la metà più attesa resta il “Parc du Mont Royal”, meritato orgoglio dell’intera comunità montrealese. E’ posto su un’ampia montagna, che conquistiamo servendoci di un taxi. Una vera meraviglia, dove abitanti e turisti frescheggiano rilassati lungo gli intrecciati percorsi alberati, contornati da parchi e giardini invidiabilmente curati. Si raggiunge l’”Observatoire de l’Est” per proseguire verso la “Croix du Mont Royal”, notoriamente deludente in quanto trattasi di una banalissima installazione, risalente al 1.924, in memoria del fondatore di Montreal, Maisonneuve, che nel lontano 1.643, aveva qui trasportato, con le proprie braccia, una croce di legno, quale simbolo della città. Potrei consigliare di dedicare al Parco un’intera giornata, cosa che a noi non è consentito perché ci attende il quartiere del “Plateau Mont-Royal”, già tipico quartiere operaio e dagli anni ’70 abitato da giovani artisti, scrittori e cantanti. Si attraversa a piedi, incoraggiati dalla sua eccentrica animosità, oltre che dai suoi singolari edifici, alcuni davvero pittoreschi.
E dato che ci siamo, perché non appropriarci anche della familiare “Little Italy”? Non scherziamo, l’eventuale mancanza non potrebbe certo esserci giustificata. E a ragione… e capirete perché. Intanto il quartiere si presenta con tutta la sua autorevole impostazione: un asse centrale, il Boulevard Saint-Laurent, insieme a una rete ben articolata di simpatiche strade che lo contornano, con al centro (ovviamente) la Rue Dante. Si respira un’aria straordinariamente simpatica, che ci invita, insistente, a condividerne in parte.  Non c’è bisogno che i nostri connazionali insistano, noi ci lasciamo volentieri coinvolgere fino all’inverosimile, dando avvio a una serie di colloqui a partire da quelli consumati con il gestore di una documentatissima biblioteca italiana. Un vero piacere: allegro, sincero, scansonato e tutt’altro che rituale. Si parte dal confrontare le esperienze maturate in questo Canada, dove soltanto a Montreal vivono quasi mezzo milione di nostri emigrati. I primi risalgono alla fine degli anni ’50 e la stragrande maggioranza ha fatto fortuna. Non sono rari i casi di coloro che si sono inventati veri e propri imprenditori, magari trasferendo qualche competenza acquisita sopratutto nel comparto del manifatturiero. Un simpatico imprenditore, trasferitosi qui dal Veneto, ci racconta di quando propose al mercato la moda di scarpe particolarmente appuntite, acquisendo così l’appellativo di modellista “finocchio”. Ci intrattengono per raccontarci di tutto e di più: della loro attività, del loro impegno culturale e politico, delle loro famiglie e sopratutto di quanto, pur continuando a vivere l’orgoglio di essere italiani, amano il Canada e strepitano per la città che li ha gentilmente accolti, incoraggiati, promossi; insomma per questa Montreal che considerano, in parte, anche opera loro. In Canada, ci asseriscono, non sappiamo di cosa si parli quando nel mondo ci si interroga sulla crisi finanziaria o sulla crisi economica. Argomenti che pare non li riguardino: vivono in un Paese dove l’economia reale continua a tirare, dove l’occupazione tiene e dove i figli dei nostri coetanei sono decorosamente “sistemati”.
L’accoglienza è calorosissima e interessata, e continuiamo ad apprezzarla ancor più dopo aver gustato uno dei migliori caffè mai consumati. Sì, è il citatissimo (a buon ragione, posso attestarvi)
“Caffè Italia”, che un toscano di Lucca avviò agli inizi degli anni ’60. Una specialità! E poi, la chiacchierata non può non cadere sulla politica e da qui, provate a indovinare su chi? Sì, avete indovinato, proprio su di lui. “E che ‘un se ne dice!” Gli stessi politici di centro-sinistra non sono particolarmente apprezzati, anche se per motivi diversi, ovvero per la loro incapacità di rendersi autorevoli, governare con coraggio e impedire che l’Italia sia ridotta nello stato nel quale versa. L’unico Presidente del Consiglio giudicato positivo risulta Giuliano Amato e di Romano Prodi si dice che è un brav’uomo, ma incapace di imporsi e governare. E chi sa che non abbiano ragione!
Poi si torna a parlare di Berlusconi e della nostra generale incapacità, giacché (ci dicono), se fossimo stati capaci di qualcosa, gli avremmo da tempo impedito di imperversare. La Maria Teresa, caro Damis, non partecipa a questa conversazione, perché (per un po’ di autentica stanchezza o forse perché preveggente?) non ci ha accompagnato fin qua e dunque si perde, al di là di tutto, i dilaganti “apprezzamenti” riservati al Presidente, piuttosto che a Vittorio Sgarbi o al già “comunista”, ex- Ministro Bondi.
Dopo un intero pomeriggio dobbiamo congedarci, con il forte rammarico di non poter partecipare (durante il prossimo fine settimana) alla “Semaine Italienne”, che occuperà l’intero quartiere con centinaia di manifestazioni che esalteranno l’insieme delle tradizioni e  della cultura italiana.
Si rientra, dunque, ci si ricongiunge con Maria Teresa e si torna a gozzovigliare lungo la movimentata Jacques Cartier, dove anche stasera consumiamo una cena davvero raccomandabile.

9 Agosto

Quando un qualsiasi viaggio sta per volgere al termine è buona regola ripassare il programma, sottolineare le mancanze e consumare con la massima attenzione e parsimonia il breve tempo residuo. Il Museo di Arte Contemporanea non può essere trascurato, anche perché rappresenta l’unica vera vetrina artistica, appunto, contemporanea. Non risulta granché, per quanto testimoni il meglio della creatività artistica locale: Jean Paul Riopelle, Paul-Emile Borduas, Genevieve Cadieux. Si visita comodamente in un paio d’ore e dunque resta anche il tempo per un’escursione più accurata al quartiere “Le Village”, peraltro confinante con la nostra postazione alberghiera. E’ il quartiere dove si estrinseca il più autentico modello di vitale libertà. A partire da quella che consente alla comunità gay di poter esprimere, con la massima naturalezza, ogni qualsiasi manifestazione di amore e d’affetto. Si passeggia sulla ormai nota Rue Sainte-Catherine, dove accomodati all’interno dei numerosi caffè, bistrò e ristoranti si respira un’autentica “joie de vivre”. Anche noi ci accomodiamo in un frenetico ristorante… e sarà perché sono accompagnato da ben quattro signore (e non da un semplice uomo) che ci fanno pagare salatissimo il conto del pasto. Pazienza, ma il quartiere vale, anche se lo possiamo frequentare soltanto di giorno, dato che nel primo pomeriggio dobbiamo indirizzarci verso l’aeroporto, da dove in tarda serata si parte in direzione Roma. Non dopo però che Maria Teresa abbia casualmente incontrato un funzionario della dogana originario di Morano in provincia di Cosenza, dunque suo conterraneo
Ogni viaggio ha un inizio e una sua conclusione. L’essenziale è che abbia moltiplicato le opportunità di conoscenza e di intrattenimento con mondi, tradizioni e culture diverse. Anche questo viaggio può essere sicuramente incluso nell’elenco dei più rispondenti, alle aspettative, sia per le attrazioni che ci hanno letteralmente contaminato, sia per l’efficiente combinazione di ognuno dei suoi passaggi, insieme, naturalmente, alla simpatica contaminazione di tutte coloro che ne hanno fatto parte.
Pensavo di poter chiudere così, quando invece ho scoperto, con sommo piacere, che ancora una volta, la mia Sandra (liberatasi per qualche ora dell’ “infaticabile” Alex.) ha potuto ripassare  l’intero testo e dunque apportare i necessari aggiustamenti, integrandolo quindi con simpatiche foto da lei stessa prodotte. Poi è toccato al caro Roberto il compito di impostarne l’assetto definitivo. Grazie, un forte abbraccio ed un bacio ad ambedue.