In un’epoca di complessità crescente, si sente sempre di più la necessità di una nuova ridefinizione dei saperi, soprattutto nella direzione di quei saperi utili alla crescita della partecipazione e della democrazia, produttori di cives e non di clientes.

Saperi di cittadinanza

E’ necessario che l’educazione ambientale non sia più accessoria e aggiuntiva al curricolo, ma facente parte del curricolo.
Qualsiasi intervento educativo, esterno o interno che sia, deve avere una valenza pedagogica di qualità, basata su uno stile  ciclico: programmazione comune, intervento, valutazione comune.
Altrimenti non si tratta di un processo di comunicazione educativa.

Considerazioni preliminari

  1. Il futuro non è più quello di una volta;
  2. gli studenti non sono più quelli di una volta: homo sapiens, homo videns, homo zappiens.

Baricco parla di mutazione genetica.

Pensiero analitico razionale consequenziale vs Pensiero reticolare: dobbiamo considerare l’importanza dei nodi.
Superamento della scuola basata sulla trasmissione, esecuzione, ripetizione di percorsi preconfezionati=scuola dei contenuti (lezione, studio, interrogazione).
C’è bisogno di teste ben fatte (Morin) e non di teste ben piene.
C’è bisogno di persone capaci di dare senso e significato al proprio agire, di progettare le proprie azioni e di gestirne le conseguenze, in sostanza costruire persone portatrici di un sapere produttivo, e non solo riproduttivo.
Guidare la trasformazione dei nostri giovani da vagabondi del mondo a produttori di senso e di significato.
Se prima la finalità del lavoro con un gruppo di studenti per il progetto camminare nel verde, organizzato dalla Provincia, era quella di motivare e incrementare conoscenze, adesso si fa tutto più complesso.
Occorre lavorare non solo sulle conoscenze, competenze e capacità spendibili nella quotidianità; occorre promuovere un giudizio più approfondito e cioè promuovere capacità di “pensiero critico, di soluzione dei problemi, di metacognizione, di efficienza nelle prove, di lavoro in gruppo, di ragionamento e di apprendimento permanente” (Arter e Bond, 1996).
Non solo ciò che uno studente sa, ma ciò che “sa fare con ciò che sa”.
Voglio fare un esempio: se la biodiversità è una conoscenza, occorre che sia accompagnata dalla competenza che spinge alla cura e alla tutela dell’ambiente e dalla capacità di percepire ed estrinsecare quella spinta etica che porta ad intraprendere azioni concrete conseguenti.
L’intervento deve essere capace di portare un valore aggiunto al lavoro scolastico, non essere aggiuntivo, ma parte integrante.
Non più le educazioni, fra le quali appunto l’educazione ambientale, ma un lavoro più profondo. L’esperienza di questi ultimi anni ci insegna che non basta aggiungere queste educazioni al curricolo, ma occorre ripensare i curricula delle discipline in senso formativo, finalizzandoli cioè all’acquisizione di una nuova etica della partecipazione, capace di elaborare scelte e costruire valori.

La scuola può esercitare questo suo ruolo centrale con diverse azioni:

  • riscoperta del senso sociale delle discipline (storia, geografia, scienze, ma anche matematica, ecc.) attraverso una ridefinizione del loro episteme e del loro aspetto interdisciplinare, spostandole dai profili specialistici alla formazione di base;
  • sperimentazione di una sorta di esplosione delle discipline capace di intercettare e rispondere alla domanda del territorio, cercando di avvicinare l’offerta alla domanda;
  • costruzione di curricoli in risposta alla domande locali;
  • assunzione da parte delle scuole di una effettiva leadership culturale e istituzionale nel territorio;
  • rendersi garante della continuità delle azioni;
  • adottare sempre di più un’organizzazione modulare più flessibile e più aperta a integrazioni e sviluppi, per costruire intrecci sempre più forti tra percorsi formali e non formali.

Così l’educazione ambientale potrà diventare una competenza, un sapere di cittadinanza, spendibile nelle quotidianità, capace di far passare la persona dalle dichiarazioni di principio alle azioni conseguenti.
Può sviluppare un pensiero positivo educando al senso della previsione e della prevenzione, in sostanza alla responsabilità sociale.

Complessità (da cum plectere)

Nella società complessa, il nostro compito si fa più complesso: occorre una concorrenza di forze e di azioni, un fare di soggetti diversi che agiscono per un fine comune.

Ma scuola e territorio sono abituati a collaborare, ad agire insieme?

Metafora della Scuola albero

La scuola, come l’albero si nutre dell’ambiente, ma restituisce moltiplicata la linfa vitale.

Investire nella scuola significa investire nella crescita culturale dei futuri cittadini, significa investire per la salvaguardia e la crescita del territorio.
Strategia e tecnica dell’Istruzione integrata. Si tratta di un gioco politico, sottile e dialettico, capace di far crescere tutti culturalmente nell’assumere un punto di vista di sistema basato su una reale integrazione e collaborazione di varie istituzioni.
Si può giungere alla costruzione di un sistema formativo integrato con una programmazione dell’offerta formativa in risposta ai reali bisogni della comunità secondo principi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza delle azioni formative possibili.
Le competenze da sviluppare dovrebbero essere relative ai saperi, ai valori sociali, culturali e politici prodotti, dovrebbe scaturire da un’autovalutazione compiuta e funzionale, ben orientata dell’operari scolastico, interno ed esterno, didattico e formativo, che è insieme ricchezza, complessità, interazione.

Quali stili?

Maieutico, euristico, affermazione della ricerca-azione.
“Costruire dialogo, dare sostegno, applicare la ‘maieutica’. Sono tre dispositivi non nuovi ma sempre efficaci. Il dialogo è aprirsi all’ascolto attivo e alla conversazione non direttiva e aperta. Il sostegno è esser vicini, ma senza essere intrusivi; la maieutica è arte già socratica: di risveglio, di cammino insieme, di legame anche affettivo, di portare il soggetto a ‘conoscere se stesso’”. (Franco Cambi)
In sostanza d0bbiamo aiutare gli adolescenti a sviluppare stima di sé, a prendere coscienza della proprie potenzialità, a migliorare il rendimento scolastico e il loro rapporto con l’ambiente, per raggiungere questa finalità maieutica, intende sperimentare l’efficacia del tutoring, del mentoring e di una positiva relazione fra cultura giovanile ambientale e cultura scolastica.

Quali tecniche?

  1. Il tutoring parte dalla constatazione dell’abitudine, soprattutto nei maschi, di trovare forme  di rassicurazione nell’appartenenza a una banda o a un gruppo di coetanei, che permetta di esprimere aggressività, socializzare la colpa, difendere la propria incerta identità, svalutare qualsiasi diversità anche solo apparente. Per le ragazze, il bisogno di sicurezza viene ricercato nell’amica del cuore, attraverso la condivisione dei sentimenti e l’identificazione reciproca. Appare quindi importante che, nel gruppo dei pari, ci sia qualcuno predisposto e formato per una relazione di aiuto. La peer education (educazione fra pari) è una nuova strategia educativa che si basa appunto sul tutoring, in base alla quale alcuni membri di un gruppo vengono formati per svolgere il ruolo di tutor.
  2. Il mentoring, che prende il nome da Mentore, precettore del figlio di Ulisse, si basa sulla creazione di un rapporto di fiducia e di ascolto tra un adulto e un adolescente, costruito sulla valenza formativa della relazione one-to-one. Tra mentor e mentee il rapporto dà luogo a una relazione reciproca in cui un adulto “competente” e “significativo” mette l’altro nelle condizioni di acquisire consapevolezza e di sviluppare le proprie potenzialità. Spesso è presente nell’immaginario dell’adolescente un tipo di adulto che in qualche modo vorrebbe incontrare, qualcuno al di fuori della famiglia in cui identificarsi, anche per ritrovare un modello che possa sostituire quelle figure genitoriali, un tempo onnipotenti e onniscienti, ma adesso così visibili nei loro limiti umani. Un adulto che diventi di volta in volta guida, sostegno, traino, stimolo, una “sponda sicura a cui approdare”. La relazione tutoriale educativa consiste nel saper creare uno spazio di accoglienza e di cura. Per un’educazione ai valori evitare approcci o autoritaristici o moralistici o giovanilismi.

Tappe

  1. Avere chiaro il percorso per educare alla progettualità: programmare contesto, esperienza, riflessione, azione, valutazione,
  2. avere la consapevolezza che si devono promuovere competenze capaci di attivare cambiamenti di comportamento,
  3. perfezionare la preparazione pedagogica,
  4. affinare tecniche di accoglienza e di ascolto,
  5. abituarsi ad attività di osservazione autentica degli studenti,
  6. organizzare e autovalutare continuamente l’attività tutoriale.

Nessuno diventa umano da solo: ci facciamo umani gli uni con gli altri. Riceviamo l’umanità che è in noi per contagio… Ce l’hanno passata nel respiro, attraverso la parola, ma ancor prima attraverso lo sguardo… è uno sguardo che contiene amore, preoccupazione, rimprovero, burla: coié significati.” F. Savater Le domande della vita, Laterza, Bari 2001.