Quando penso a Enzo Butera, penso a un artista a tutto tondo: scultore, scrittore…
Ma soprattutto a un artista sociale.
Vedo Enzo Butera come un artista che ha saputo condividere, rendere pubblico il proprio spazio privato che è diventato cantiere di creatività sociale: esplora le tensioni della vita per trasformarle in opere, ed è capace di mettere insieme cultura popolare e intellettuale.
Trasforma il materiale che usa in un luogo di confronto con le tensioni della storia.
Ha la capacità di essere collettore di idee, rivelatore sensibile del presente, per scuotere e smuovere verso l’impegno sociale e politico.
D’altra parte l’arte, la vera arte è sempre politica anche quando non vuole.
Mostra la sua opera come un tutt’uno con la vita puntando sempre a una reazione nella società.
Attualmente viviamo in un paesaggio sociale sempre più frantumato che ha scarsi contatti con la democrazia politica
Registriamo un preoccupante declino dei mediatori istituzionali con revoca di fiducia nella polis da parte della cittadinanza
Insomma se bisogna fidarsi dell’artista, come diceva Duchamp, io mi fido di Enzo Butera.
Soprattutto in un’epoca di emergenza come questa in cui manca il senso di cittadinanza
Civis forte senso dell’identità storica e culturale, ma sa allargare il proprio compasso dell’orizzonte.
Il legame identitario con la propria cultura è così forte, che non ha paura a metterlo in gioco spaziando a piacimento.
Cittadino è uomo politico e uomo sociale insieme, i suoi pensieri, le sue abitudini, le sue prassi quotidiane sono orientate nella sfera pubblica.
E’ attivo e critico, propositivo, non conosce la pigrizia dell’abitudine. Ha interiorizzato le regole e le ha messe alla prova con tenacia e pazienza, non le ha assunte solo formalmente.
Non erge barriere (visibile e invisibili), non costruisce moenia, ma cum munibus, costruisce rapporti e dialoghi, senza paure, costruisce solidarietà, mettendo in comune i munus.
Questa sarebbe la strada per diventare cittadini del mondo
Attori capaci di dare senso al proprio mondo e non semplici pedine dello scacchiere della storia
Ed Enzo lo fa sapendo coltivare il senso della storia e delle radici
Questo nostro mondo ha bisogno di una nuova etica e di una riscoperta dell’agorà, di una politica che non sia esercizio di potere o governo dell’esistente ma dialogo, dibattito, incontro di idee e di progetti
Libertà è partecipazione si cantava un po’ di tempo fa – perché passività e indifferenza alimentano una sorta di disincanto collettivo, nei casi migliori i valori dichiarati non sostanziano i comportamenti quotidiani.
In questa nostra società così complessa, fluida, liquida – come l’ha definita Baumann – comunque segnata da un’omologazione planetaria, è in crisi il concetto di appaesamento che è preliminare all’acquisizione della pratica della partecipazione. Sentirsi parte di una comunità spinge a impegnarsi per le comuni radici.
Perché scrive, perché racconta?
Filo che lega, ponte fra generazioni: emozioni da e-moveo
Allora, come oggi, la scrittura e l’arte, ci consentono di incontrarci aldilà dei confini dello spazio e del tempo.
E quando si sente il bisogno di scrivere? quando c’è una rottura, un evento traumatico che spezza qualcosa, che incrina la vita.
Così è la parola, la scelta della scrittura e dell’arte a fare da connessione, perché la parola serve a rimettere insieme i pezzi della vita
E allora l’arte del ricordo serve a medicare a suturare l’esistenza
Insomma la narrazione serve alla vita, così come il sogno serve a non perdersi nella realtà.
Mi piace raccontare di Enzo, perché lui, come me, non era al di sopra delle parti.
“E allora il mio dna, in barba alla scienza, me lo scelgo io, si chiama: Angelina Baratta, di p0rofessione commerciante, analfabeta, non conosceva né l’alfa, né la beta, e nemmeno le altre lettere dell’alfabeto, però sapeva tutto e ancora di più del mondo.”
Dedica alle mie tre donne: Luciana, Giulia e Mara.
Raccontare una vita
E’ un passato prossimo che, nell’accelerazione di quest’epoca, diventa
passato remoto.
Anzi remotissimo per le nuove generazioni, abituate a vivere in tempo reale, che rischiano di aggirarsi da stranieri nella propria terra, senza la coscienza della propria storia e della propria identità culturale.
Enzo, mentre narra, rompe le trame dei ricordi e le ricostruisce nella narrazione con una prospettiva diversa: a volte distanziata, a volte ravvicinata.
E’ come se avesse un cannocchiale – Il cannocchiale di Galileo – e mettesse a fuoco di volta in volta prospettive di avvicinamento e di distanziamento.
Così l’emozionalità di allora si mischia all’emozionalità di ora e assume pulsazioni profonde,
Racconta fatti, ma soprattutto emozioni.
Radice di ricordare è cor cordis
E sono emozioni forti, quelle che talvolta si cerca di dimenticare, ma se si dimentica di dimenticarle o si ricordano con coraggio, magari trasformandole in parole, e allora pungono come spilli.
Allora, la vita è CAOS (Capire l’Arte Osservando Semplicemente) e chi sa gioca al “Gioco della vita” e allora, come diceva Zygmunt Bauman, la vita diventa opera d’arte e vive aldilà di ogni confine.
In occasione della presentazione del libro di E. Butera, Salone delle feste del Consiglio Regionale della Toscana