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30 Dicembre

L’intenzione originaria era stata di visitare la Libia, ipotesi abbandonata non appena verificato che il clima rigido dell’inverno non ci avrebbe consentito di approdare nell’ampio deserto dell’Acacus.

Il Marocco irrompe, dunque, sulla scena, malgrado che alcuni del gruppo avessero già avuto occasione, in passato, di visitarlo in parte. La notizia è data il 3 novembre, in occasione di una squisita cena a casa di Maria e Paolo Pecchioli. Due giorni dopo, anche Maria si associa. Qualche giorno più tardi siamo invitati a cena da Donella e Marco Borgianni. Sono presenti anche Sandra e Giuliano Ghelli che, appresa la notizia, chiedono ed ottengono di far parte della comitiva.

Si parte, dunque, in nove, insieme ai Roselli e ai Cencetti, che sono fra i promotori.

I preparativi si svolgono regolarmente e la partenza è prevista da Firenze, via Francoforte, alle ore 19.00 del 30 dicembre. Al mattino si intrecciano le prime preoccupazioni, dovute all’intensificarsi delle nevicate, che pare rendano problematico l’uso dell’auto. Carla, Gigi e Maria prendono il treno da Certaldo, così come avrebbe dovuto fare Sandra se non avesse confuso l’orario di partenza. Io raggiungo Firenze a metà mattinata, anche perché così colgo l’occasione di sbrigare alcuni adempimenti d’ufficio. Alle 15.00 sono però alla stazione di S.M.Novella per attendere l’arrivo dei treni, tutti perfettamente in ritardo. Telefono ed apprendo che Sandra ha perso il treno, dunque non posso che consigliarle l’uso di un noleggiatore. Ho l’appuntamento con Cristina e Pietro in P.zza Adua, per raggiungere insieme Peretola, dove alle 18.00 tutto il gruppo, finalmente, si ricompatta.

D’ora in poi tutto fila per filo e per segno: un ottimo volo, orari rispettati, l’occasione del tragitto per bischereggiare fra noi … e a mezzanotte, come da programma, siamo a Casablanca.

L’esperienza ci consiglia di trattare qualche taxi per raggiungere l’Hotel, prenotato telefonicamente dall’Italia. Poi si sceglie l’uso del pullman, che ci conduce esattamente di fronte all’ingresso del nostro Hotel Astrid, dove ci attende il personale di servizio. Tutto corrisponde: centrale, media qualità, prezzo pari a 30 euro la doppia. A quest’ora non resta che farci accelerare la consegna delle chiavi, dopo una così lunga giornata trascorsa alla vigilia dell’ultimo dell’anno.

31 Dicembre

Dopo un’intensa dormita, alle 10.00 si esce e già nei d’intorni dell’ Hotel si comincia ad apprezzare la monumentalità di Casablanca: Avenue Hassan, Place Mohammed V, Place des Nations Unies. Siamo sprovvisti di moneta locale, il Dirham, e dunque al primo sportello cambio è sosta. Il cambio è favorevole, rispetto alle nostre informazioni, ad un tasso che viene sempre scrupolosamente rispettato. All’ufficio si incontra un allegro personaggio, insieme ad una coppia italiana con figlio, anzi, toscana di Marina di Massa. E’ festa, è baldoria. Si scherza, ci si informa, ci si presenta. L’allegro personaggio, naturalmente marocchino, risponde al nome di Mohamed Ali, che ci avverte subito di trascorrere diversi mesi dell’anno in Versilia, dove svolge attività commerciale. Si familiarizza così agevolmente che subito Ali ci propone di trascorrere insieme la sera dell’ultimo dell’anno, provvedendo lui ad organizzare una cena di tutto rispetto. Naturalmente si accetta, ci si scambiano i numeri dei cellulari e ci diamo appuntamento per il tardo pomeriggio.

Siamo prossimi alla Vecchia Medina che si attraversa in clima di festa, dove tutti ci chiedono, ci propongono affari, ci divertono, così come noi divertiamo loro. E’ una splendida mattinata di sole, che ci godiamo intensamente dopo aver abbandonato la neve di casa nostra. La Medina è, come tutte, caotica; è coloratissima ed offre scorci con architetture non di rado interessanti. Da qui si passa anche per raggiungere la nostra prossima meta, ovvero l’imponente Moschea Hassan II, la più grande del Magreb. E’ di recente costruzione, affacciata sull’Atlantico, è insieme gigantesca ed affascinante, persino preziosa in alcune sue rifiniture di dettaglio. A quest’ora non si può accedere all’interno, dunque non ci resta che una visita esterna, con qualche tentativo di penetrante affaccio.

Poi si decide di attraversare interamente la città per visitare la Nuova Medina, detta anche quartiere degli Habbous, dove domina il Palazzo Reale. Ancora un quartiere molto vissuto, costruito intorno agli anni ’30, perfettamente ordinato e quasi irreale,con mercati tipici, ristorantini locali, bancarelle di autentici prodotti marocchini. Fra questi merita ricordare la variegata distesa di olive multicolori, all’interno della quale ci si intrattiene anche per provare la qualità del prodotto.

Alle 17.00 si rientra in Hotel per una pausa di un paio d’ore, dopo aver attraversato il centro storico, caratterizzato da una speciale architettura che sta fra lo stile Liberty e quello, più azzardato, d’impronta locale.

L’appuntamento con i taxi programmati dal nostro Ali è alle 19.00 e noi siamo puntualissimi, anche con le nostre curiosità. Per raggiungere Ali dobbiamo attraversare quasi interamente Casablanca ed appena arrivati ci si imbatte in un ampio locale a pianoterra, introdotto da una scritta familiare: “Forte dei Marmi”. Si entra e tutto è in perfetto ordine: tavoli (regolarmente affittati) apparecchiati, ambiente un po’ freddo (ma perché, ci dice, ancora non è utilizzato e lo sarà fra un paio di mesi). Ci attende anche il presidente della Regione dell’aeroporto, stretto in un avvitato cappotto che non si toglierà per tutta la cena. Il presidente assiste muto al succedersi degli eventi… ed anche quando ci qualifichiamo (artisti, presidenti, direttori, scrittori, imprenditori,ecc. ecc.) e troviamo il modo di introdurre temi di carattere politico-istituzionale, il presidente ascolta (naturalmente senza capire), ma non si esprime, anzi, non apre mai bocca. Ali ci racconta che la notte appena trascorsa l’ ha passata in ospedale col piccolo figlio che aveva inghiottito una moneta e che soltanto dopo vari tentativi, stamani sono riusciti ad estrarla. La moglie, ci dice, è ancora sconvolta, anche se ha accettato di cucinare, per quanto aiutata da due cuoche prese in servizio. I bagni lasciano un po’ a desiderare, ma ci vuole comprensione… ci sono ancora i lavori in corso e tutto sarà pronto, appunto, fra un paio di mesi. Poi si passa alla cena. Noi ci si era preoccupati di portare una svariata quantità e qualità di pregiatissime olive; Ali sembra quasi rimproverarci, dato che anche lui ci aveva pensato (anche se nessuno vide mai olive di Ali). Mi raccomando, mangiate come foste a casa vostra… e se poi non bastasse il pesce c’è (o avrebbe dovuto esserci) anche l’agnello. Ci dice che i gamberoni costano cari, anche se noi non abbiamo il piacere di vederne uno. I vassoi, in verità abbondanti ed anche di qualità accettabile, arrivano freddi e non se ne capisce la ragione, visto che la moglie li sta preparando al piano superiore. Curioso, chiedo notizie sulla moglie, che ci dice essere appena trentenne, bionda, ecc. ecc. Alla fine della cena, dato che non è consentito averla fra noi, le donne sono ammesse al piano superiore per salutarla e ringraziarla e scoprono che è rilassatissima, è mora, non si ravvisa traccia che segnali preparazione di cene… e poi Ali ci confessa che non vive in quell’appartamento, ma qualche palazzo più in là, con il babbo che ha bisogno di assistenza. A conclusione di tutto, Ali ci propone di contribuire alle spese, pari a 25 euro a testa, vino e dolce compreso.

La cena non è stata male ed è stata abbondante. Gli italiani di Marina di Massa se ne stanno zitti e nessuno di noi capirà fino in fondo la parte da loro giocata. Si, avete capito, si è tratto di una vera e propria “rappresentazione”, di una “ messa in scena”: il presidente inventato, inventata la storia della moneta inghiottita, i vassoi arrivavano dall’esterno, il locale non era che un normale magazzino, dei gamberoni, delle olive e dell’agnello neanche l’ombra, chi sa se la moglie sia stata davvero quella e se suoi siano stati quei locali. Una commedia, che ci ha visti attori, ancora una volta inventati. Beffati? Maria è per sostenere che siamo stati al centro di un vero e proprio spettacolo, di una scena teatrale, anche se inconsapevoli fino alla fine. In fondo, non sarebbe stato più usuale trascorrere la fine dell’anno in un normale ristorante, per quanto a Casablanca? Si è cenato, discretamente e con abbondanza, si è conosciuto uno spaccato vero dell’arte marocchina, ci siamo divertiti spendendo il giusto. E’ con questo tentativo di spiegazione che si rientra in hotel, quando ormai sono le due del primo dell’anno.

1 Gennaio

Si consuma la colazione alle 8.30 perché alle 9.16 parte il treno per Marrakech. Provate ad immaginare l’argomento trattato! Avete indovinato… e ripercorrere i vari momenti dello spettacolo ci fa impazzire dalle risate, anche perché, via via procedendo, si arricchisce di nuovi tentativi di interpretazione, tutti, ovviamente, fuori testo.

La stazione è abbastanza vicina e dopo 10 minuti di taxi ci siamo. Tutto funziona per il meglio, in un ambiente pulito e ordinato. Si è voluto sperimentare l’uso del treno e si è fatto bene: comodissimo ed accogliente, parte con qualche minuto di ritardo che recupera in fretta. Non è affollato e dunque l’ampio spazio a disposizione ci consente di raccoglierci vicini per proseguire i commenti sul regista Ali.

Questo tratto di viaggio di tre ore ci consente anche di definire alcuni aspetti del programma dei giorni avvenire, nonché di scambiare gli auguri con familiari ed amici rimasti a casa.

Alla stazione prima di Marrakech sale, fra gli altri, il signor Aziz, che ci individua subito come possibili clienti per affittare un minibus. Si scende ed insieme, intanto per prova, si è accompagnati gratuitamente nel centro della città. Si tratta il prezzo e si conviene di risentirci l’indomani, qualora non si sia verificata qualche soluzione più conveniente.

La scelta dell’ Hotel è sbrigativa; si alloggia al “De Foucauld”, di fronte alla piazza centrale, con 20 Euro a persona, compresa la cena a buffet e un’ abbondante prima colazione. Ottima scelta, davvero da consigliare.

Il tempo di sbrigare faccende urgenti e non rinviabili e subito ci si tuffa nella mitica Place Jemaa El Fna che, tradotto, significa “Assemblea dei trapassati”. E’ un immenso teatro all’aperto con spettacoli continui, che dall’ora del tramonto in poi si intensificano ulteriormente. Giocolieri, incantatori di serpenti, suonatori, pazzi innocui, cantastorie, indovini ed orchestre di vario genere, venditori di tutto un po’, insieme a tipiche bancarelle-ristorante che all’imbrunire invadono gran parte della piazza. Siamo nel cuore pulsante della città, dove tutti si danno appuntamento, dove tutti sono soliti tuffarsi nella folla.

Riserviamo la prima visita alla Medina (il quartiere storico circondato e protetto da ben 12 km. di mura), avventurandoci all’interno di un inestricabile dedalo di viuzze che compongono i vari comparti dei vari suk. E’ difficilissimo restare compatti, tant’è che quasi subito il gruppo si divide, per riunificarsi all’ora del tramonto, che ci godiamo dalla terrazza di un ristorante, affacciata sulla piazza. Nel frattempo si penetrano i suk, ordinati per specializzazione di prodotti. Il mio gruppo li attraversa interamente, fino ad arrivare alla Madrasa Ben Youssef, una scuola coranica (ovvero l’Università tradizionale di Marrakech) che poteva ospitare fino a 900 allievi. E’ uno dei monumenti più interessanti della città, la sua architettura è arabo-andalusa, con pavimenti e soffitti finemente decorati.

Dopo il tramonto si riprende a passeggiare d’intorno alla piazza e, dato il clima freddissimo, parte di noi ne approfitta per visitare i locali del Club Mediterranee, almeno in questi giorni affollati soprattutto da praticanti del golf. Marrakech rinnova così il suo essere anche una capitale della mondanità. Negli anni ’70 furono gli intellettuali colto-trasgressivi, poi toccò alle stars del cinema, poi a quelle della moda ed infine a quelle dello spettacolo. Yves de Saint Laurent vi si trasferì, così come Rochefeller, Paul Getty ed Alain Delon.

La cena a self-service in hotel è ricchissima, con tante varietà, sia tipiche locali che internazionali. Noi ci diamo da fare senza troppi complimenti e dopo esserci letteralmente riempiti ci si ritira nel salotto-divani del 1° piano, dove parte del gruppo si rilassa, abbandonandosi alle famose chiacchere del più e del meno.

2 Gennaio

La mattinata è dedicata alla visita della città nuova, cogliendo così l’occasione di contattare alcune agenzie preposte al noleggio di minibus, anche se in hotel abbiamo già interessato un operatore della reception che ci ha messo in contatto con una operatrice, quella con la quale concluderemo l’affare, ad un costo pari al 35% rispetto a quanto richiestoci se avessimo prenotato dall’Italia. La città nuova si presenta molto bene, specialmente per la sua architettura moderna e razionale, ma anche per la sua struttura urbanistica. Tutt’altro che carente di spazi pubblici e spazi di pubblico godimento. Il rientro ci consente di attraversare il parco de La Menara e nei pressi quello presidenziale, ovviamente impedito alle pubbliche visite. Quindi si giunge al famoso Hotel La Mamounia, il più lussuoso, si dice, di tutto il Continente, dove Churchill passò gran parte della sua vita da pensionato. L’ingresso agli estranei non è facilissimo, tanto che in prima battuta ci è garbatamente impedito. Poi, con un po’ di insistenza e soprattutto presentandomi solitario, riesco ad accedere e successivamente vi riescono anche gli altri. E’ davvero spettacolare, ricco di fascino e magia, soprattutto per la serenità che vi si respira, all’interno di un parco straordinario, al riparo dalla frenesia della vita cittadina. E’ ormai l’ora di fare uno spuntino, che consumiamo seduti ad un locale lungo la principale via pedonale.

Il pomeriggio è dedicato alla visita di alcuni dei palazzi più significativi. Si comincia dal palazzo della Bahia (o della bella), costruito alla fine del 1.800 da un sovrano che qui raccoglieva le 4 mogli e le 24 concubine. L’architettura e pregiatissima, specialmente la sala del ricevimento, quella del Consiglio, nonché l’appartamento della favorita. Poi si passa al palazzo el-Badi, dove imperano grandiose rovine, dovute alla distruzione di un palazzo secentesco per mano del sultano Moulay, che volle recuperare i pregiati marmi per costruire un altrettanto megalomane palazzo a Meknès. Si paga il biglietto di ingresso per accedere sia al Palazzo che al pulpito della moschea. Il pulpito si traduce “minbar”, che i nostri, al ritiro dei biglietti, confondono con “minibar”, attendendosi pertanto il servizio di una consumazione gratuita. E’ così che, infatti, dopo la visita del palazzo si chiede del minbar, dove ci chiedono sì il biglietto di ingresso, ma unicamente per la consumazione della visita del pulpito. La risata generale è d’obbligo, così come i frequenti richiami all’accaduto nei giorni successivi.

A metà pomeriggio si torna all’interno dei suk, sia per inebriarci del gusto degli aromi, sia per visitare le famose concerie e tintorie di Marrakech, dove ancora artigianalmente trattano e colorano lane e stoffe. Poi si torna sulla via pedonale, i più per sedersi a consumare un thè, mentre io ne approfitto per immergermi ancora una volta nel caos degli spettacoli della storica piazza. La cena è servita ancora a self-service, che consumiamo riservandoci un ampio e comodo tavolo tutto per noi, cogliendo così l’occasione per ripassare le tappe del programma avvenire.

3 Gennaio

Si lascia Marrakech di buon’ora, fidi del nostro Rachid, l’autista che con un ottimo minibus appena inaugurato, ci guiderà per i prossimi cinque giorni. Il tempo ed il clima sono quanto di meglio si possa immaginare, anche se si è letto che l’attraversamento dell’Alto Atlante potrebbe riservare sorprese giacché, talvolta innevato. Nel gruppo si alimenta la preoccupazione, anche e soprattutto perché non abbiamo garanzie sul fatto che il minibus sia dotato di catene a bordo. Si tentano rassicurazioni in proposito, ma al nostro insistere ci viene risposto (avremmo dovuto immaginarlo!) che in Marocco non si usano catene… e quando la strada risultasse inaccessibile non resterebbe che attendere condizioni migliori.

Si parte, dunque, verso il passo del Tizi-Tichk , in direzione Ouarzazate, lungo una buona strada pianeggiante, senza particolari vegetazioni, intervallata di tanto in tanto da piccoli villaggi. Dopo poco più di un’ora siamo ad Ait Ourir, festeggiato oggi da un animato mercato dove, se ben si capisce, vige ancora la regola dello scambio (pecore, cammelli, ed altro ancora). Salendo verso le colline, il paesaggio cambia notevolmente e soprattutto cominciano ad imperare grandi oliveti ed estese coltivazioni di grano. Poi, attraverso paesaggi di colline ondulate, si giunge in vetta alle montagne che, tuttavia, superano di rado i 2.000 metri di altezza, per arrivare al passo di 2.660. Nei d’ intorni si fa sosta per un tempo sufficiente ad impegnarmi in una strenua trattativa per l’acquisto di una collana da parte di Maria. Subito dopo la strada corre verso la vera perla della zona: Ait Benhaddou, una delle casbah meglio conservate dell’intero sud del Marocco. Qui, non a caso, sono state girate scene di film rimasti nella storia, come Lawrence d’Arabia o Il gioiello del Nilo. Si visita l’intero villaggio, a partire dall’antico ksar, purtroppo oggi in gran parte abbandonato per aver scelto di vivere nel nuovo quartiere, appresso costruito.

Intanto si assume la decisione di abbandonare l’idea di spingerci fino a Zagora, soprattutto perché il poco tempo a disposizione ci avrebbe fatto sacrificare una visita più accurata di altri magici luoghi. La sosta per una spuntino avviene lungo la strada, nella giornata più calda di tutto il viaggio. Poi, nel primo pomeriggio, si riparte da Ouarzazate in direzione della Valle del Dadès. Le sue gole, che visitiamo all’ora del tramonto, sono davvero spettacolari e lo sono anche per chi ha avuto la ventura di visitare altri canyon altrettanto spettacolari. Si percorre a piedi l’ultimo tratto, fino a raggiungere un residence – camping dove sarebbe consigliabile una sosta almeno di diversi giorni. La nostra sorte è diversa e dobbiamo riprendere il percorso alla ricerca di una sistemazione per la notte avvenire. La scelta iniziale cade su un raccomandatissimo albergo, purtroppo stasera al completo. Un’altra soluzione è rappresentata dalla Casbah Tizzarouine, un complesso ben attrezzato, dove però ci tocca dormire (pressoché al freddo) in camere tipo “trogloditico”, ricavate nella roccia, tipiche nel loro fascino, ma senza traccia di riscaldamento, se non una minuscola stufetta elettrica. La cena è servita in un ristorante animato ed accogliente, dove un gruppo musicale folkloristico accompagna le ottime vivande. Il camino è ardente e noi ci si accomoda al tavolo più prossimo. Durante la cena si è invitati al ballo, ma soltanto io e la Sandra di Giuliano accettiamo di immergerci nello spettacolo e lo facciamo, ci dicono, senza scomparire, malgrado la professionalità degli amici indigeni.

4 Gennaio

Dopo una notte trascorsa a tentare di temperare quanto possibile la morsa del freddo che attanaglia il clima della grotta trogloditica, la consumazione della ricchissima colazione contribuisce a ritemprare quanto può le nostre energie, godendo insieme del fascino offerto da un ambiente particolarmente suggestivo. In attesa della partenza, Carla e Maria ne approfittano per l’acquisto di tappeti, mentre gli altri si aggirano a contemplare i vari angoli del complesso Casbah.

La partenza è in direzione delle “Gole del Todra”, all’interno di un paesaggio che si dice fra i più belli del Marocco. L’ambiente è un misto fra una valle che offre la vista di un continuo palmeto e le grotte brulle, di color tendente al rosso-olivastro. Percorsi una decina di chilometri si arriva all’incantesimo, il punto dove tutto si confonde, irrompendo nelle quinte teatrali che riparano lo spettacolo inscenato dalle Gole.

Poi si riprende il percorso verso la vera meta della giornata: il deserto di Merzouga, che si raggiunge attraverso villaggi veramente tipici di questa terra, come Rissani, dove si è immersi in un affollato mercato che si svolge sulla strada centrale, caratterizzato dalla presenza di donne completamente velate di nero. E’ qui che ci si concede una breve sosta per qualche alimento, mentre io ne approfitto per intrattenermi con un gruppo di ragazzini, con i quali tento di dialogare, dopo essermi presentato come Al…. Fiero.

A metà pomeriggio siamo all’interno del deserto, immersi fra le dune dell’erg Chebbi, la grande attrazione della regione. Formano vere e proprie sculture semoventi, a forma di tendaggi che mutano di colore secondo l’intensità della luce. Si innalzano simili a muraglie e raggiungono fino i 150 metri di altezza. Pare che anche Hillary Clinton e la figlia Chelsea siano rimaste particolarmente affascinate, quando nell’aprile del 1999 ebbero l’occasione di visitarla.

Il nostro autista Rachid ci indirizza inizialmente nel borgo turistico-commerciale, ma noi vogliamo puntare direttamente sul deserto, usando come punto di riferimento la locanda “Palmerie”. Qui si è amichevolmente accolti da alcuni tuareg, che ci propongono subito di raggiungere l’interno delle dune in groppa ad un dromedario. Naturalmente si accetta, ad eccezione di Maria, che ci segue a piedi, accompagnata dal capo del villaggio. Tutto scorre per il meglio e distesi sul versante sud della collina di sabbia si gode il saluto del sole al tramonto. Alcuni di noi raggiungono la vetta, da dove lo sguardo si proietta fino al lontano orizzonte posteriore. Altri si riposano, prima di riprendere la via del ritorno, un po’ meno fortunato per Sandra di Giuliano, che per una distrazione del dromedario (o dell’accompagnatore) subisce una caduta che, per fortuna, non provocherà conseguenze di sorta. Al rientro si coglie l’occasione per qualche curiosità e l’unica cosa che si capisce è che qui la vita scorre naturalmente, senza tempo (nessuno dispone dell’orologio), le cadenze sono regolate unicamente dall’andamento del sole. Ci accoglie anche una ragazza spagnola, di Alicante che, ci dice, che appena dispone di un ritaglio di tempo lo viene a consumare all’interno di questa oasi di pace. Vivono di quello che capita e per tentare di arrotondare riescono a convincerci di acquistare alcune pietruzze lavorate, l’unico mercato di cui pare dispongano. E proprio da qui, appena ieri, è transitata la Parigi – Dakar, la famosa moto – attraversata, che continua a suscitare una sincera e profonda suggestione fra tutti gli abitanti del luogo.

Il sole ci ha ormai abbandonato e noi si riprende verso Erfoud, una città sulla strada verso la tappa del giorno successivo. Qui si pernotta, in un ottimo hotel, ad un costo tuttavia accettabile, dato che, compresa la cena, non si superano 55 euro a coppia.

5 Gennaio

La partenza per l’ultima tappa significativa del nostro viaggio è prevista per le ore 9.00. Si parte verso un’altra grande città imperiale: Fez. Il paesaggio presenta ampie valli desertiche, circondate sia dalle oasi che dai monti dell’Atlante. Si penetrano spazi di ampia dimensione, oggi illuminati da un sole particolarmente brillante. Si attraversano numerosi, piccoli villaggi, sempre più spesso custoditi da presidi di controllo della polizia stradale.

In tarda mattinata si attraversa la cittadella di Ifrane, una stazione turistica invernale, completamente inventata negli anni ‘30 del secolo scorso, su modello di stile svizzero, frequentata soprattutto per lo sci riservato a chi può, mèta ideale per chi cerca una perfetta tranquillità asettica.

Si insiste sul nostro Rachid per non arrivare a Fez quando tutto è chiuso, dato che abbiamo programmato di riservare il pomeriggio per la visita dei mitici suk. Riusciamo a farcela e la prima visita è dedicata alla splendida Medina, ancora più affollata di quelle visitate finora. Il gruppo si divide, anche perché nessuno intende rinunciare agli ultimi, possibili acquisti. Dopo la Medina è la volta dei palazzi imperiali e quando ormai si è fatta sera ci mettiamo alla ricerca di una sistemazione per la notte. Dopo aver scartato la catena Ibis, si sceglie l’Hotel Olimpic, una buona soluzione, anche se all’inizio non sono poche le incomprensioni fra il personale ed alcuni di noi, soprattutto per il fatto che non sembra funzionare il riscaldamento. Cristina arriva a prospettarne l’abbandono, senza però disporre di una soluzione più convincente. Tutto sarà per fortuna risolto con sollecitudine e all’ora di cena, scortati da un fiduciario della reception, siamo accompagnati in un locale nei pressi, dove si cena egregiamente per la modica cifra di 8 euro a testa.

Si rientra in Hotel con la preoccupazione del riscaldamento (fuori è un freddo terribile) ed invece tutto funziona perfettamente. Ce l’abbiamo fatta anche questa volta e così possiamo coricarci, esausti ma tranquilli, in attesa della sveglia, foriera della visita a questa mitica città piena di storia, non a caso imparentata con Firenze, sulla base di un vecchio gemellaggio che, personalmente, ebbi a scoprire già nel lontano 1986, quando Firenze celebrò, da par suo, il meritato riconoscimento di “Città europea della cultura”.

6 Gennaio

L’intera giornata è dedicata alla visita di Fez, dopo aver consumato la colazione ed aver appreso che oggi ricorre l’anniversario di compleanno della Sandra di Giuliano. Con il fido Rachid (che stamani ci fa un po’ attendere rispetto all’orario concordato) si raggiunge il centro per la visita del Palazzo Reale. Siamo in una prodigiosa città museo, erede della cultura andalusa, con le sue storiche tradizioni culturali (è stata per molto tempo considerata l’”Atene dell’Africa”), il suo prezioso artigianato, culla della prima dinastia musulmana del Maghreb. Il Palazzo reale è visitabile soltanto dall’esterno, dunque suscita interesse assai modesto, tanto che si decide di scendere all’interno del quartiere ebraico, prossimo all’ingresso della porta principale della Medina: Bab Boujeloud. Da qui la si attraversa completamente, riservandoci visite fra le più suggestive dell’intero viaggio. Fra queste, la Madrasa Bou Inania, di incredibile ricchezza interna, anche se la sala delle preghiere è soltanto sbirciabile, giacchè impedita ai non musulmani. Poi si passa al Museo delle arti e mestieri del legno, un tipico caravanserraglio del XVIII secolo, che ospita deliziose e raffinate elaborazioni di artisti e artigiani di Fez. Anche la vista che ci offre la terrazza sulla Medina è spettacolare e dunque una sosta per gustarci un ottimo caffè non è assolutamente tempo sprecato. Le strade della Medina (la più grande e più antica del Marocco), sono affollatissime ed i pochi turisti debbono controllarsi dall’assalto (per quanto abbastanza garbato) dei commercianti, gestori di una miriade incalcolabile di piccole botteghe. Ad una di queste ci soffermiamo, sia per consumare un appetitoso panino ripieno, sia per apprezzare il garbo, la maestria e l’immediatezza con la quale il giovane, promettente cuoco, ce lo prepara.

A metà pomeriggio si rientra in hotel e mentre alcuni di noi (io fra questi) scelgono di approfittarne per un breve riposo, le signore (senza Sandra e con Gigi) partono per acquistare un omaggio per la festeggiata Sandra. Al rientro, avendo scoperto l’anniversario, l’addetto alla reception (quello che la sera precedente ci aveva fatto ingrullire per il ritardato riscaldamento), si precipita ad acquistare un ricchissimo mazzo di fiori per partecipare così anche lui ai festeggiamenti.

La cena, in un locale prenotato in precedenza, è a base di pesce, naturalmente innaffiata da ottimo champagne (offerto da Giuliano), mentre Sandra soffia sulle candeline che i camerieri espongono sul tavolo. Si rientra abbastanza tardi e tuttavia la voglia di stare ancora insieme, di cincischiare, di raccontarci storie e di prometterci altri prossimi viaggi, ci fa raccogliere intorno ad un tavolo della brulla reception, dove trascorriamo volentieri ancora un po’ del nostro tempo.

7 Gennaio

Passata è la befana e siamo giunti all’ultimo giorno del viaggio. Si parte, attraverso una rigogliosa campagna pianeggiante, verso Volubilis, la città romana più significativa del Marocco. Il tempo è freddo ma, per fortuna, irradiato da un sole scintillante. Si arriva intorno alle 10.00 e ci concediamo un paio d’ore per visitare l’intero complesso. La visita inizia dal quartiere sud, dove sono raccolti i resti che testimoniano le attività economiche; quindi si passa all’area termale, dove ancora è riscontrabile il tepidarium e la piscina. L’Arco di Trionfo domina la strada principale, poi la casa delle Colonne e quella del Cavaliere. E’ tutto ben conservato, soprattutto i mosaici che disegnano i pavimenti dei vari palazzi.

A mezzogiorno si riprende il viaggio per raggiungere Meknès, un’altra città imperiale che, con i suoi minareti e le sue porte monumentali, profonde un’atmosfera che non possiamo che definire regale. Approfittiamo della presenza di raffinatissime botteghe, all’interno della Medina, per gli ultimi acquisti, poi si visita l’imponente mausoleo di Moulay Ismail, una delle perle e delle rare moschee del Marocco che sia visitabile anche ai non musulmani. Ed infine la Bab el-Jedid, dove si svolge un particolare mercatino cosiddetto delle pulci, dove chiunque può vendere o barattare propri oggetti e cose.

Nel primo pomeriggio si riprende alla volta di Rabat, la capitale amministrativa. Una città abbastanza moderna, ariosa, con larghi viali fioriti, costeggiati da splendide palme. Purtroppo non disponiamo di molto tempo per le visite ed anche quella alla moschea, straordinariamente illuminata, sarà necessariamente fugace, accompagnati dall’amico Rachid. Peccato, con qualche ora in più a disposizione avremmo completato una visita meritevole.

Si decide di consumare le poche ultime ore per una cena a Casablanca, dove si arriva intorno alle 20.00. Rachid ci consiglia una pizzeria, tutt’altro che disdicevole. Poi non resta che la corsa verso l’aeroporto, dove a mezzanotte si sbrigano velocemente le operazioni di imbarco e alle 2.00, puntualmente, si parte verso Francoforte, dunque si arriva a Firenze, come previsto, alle 9.00 del mattino di domenica 8.

Un’altra breve avventura, breve ma intensa, sviluppatasi in profonda armonia, ancora una volta arricchita dalle più svariate curiosità, che un solido gruppo di veri amici ha inteso soddisfare in questo tratto di continente africano. E poi la promessa di altri, prossimi appuntamenti, anche intermedi, in attesa di programmi più distesi e proiettati, in avvenire, verso possibili attraversamenti ancora da concepire. Immaginazione e concretezza che ognuno di noi è capace di confondere, ma anche di fondere in veri progetti di dettaglio. Alla prossima, dunque, senza troppo disperare per l’intermezzo che abitualmente è solito intromettersi fra l’ampiezza delle nostre ambizioni e la prospettica realtà delle condizioni date.