Ecco che Elettra Lorini di nuovo ci sorprende. Traccia percorsi, narra storie, ricorda emblematiche citazioni con l’intento di comprendere la natura per capire noi stessi. E lo fa con inediti accostamenti e nuove comparazioni, per guidarci a ri-conoscere ambienti che abbiamo appena sfiorato o creduto di conoscere.
La natura non finisce mai di dire quel che ha da dire; come un classico della letteratura ha bisogno di essere riletto, così la lettura di questo libro stimola nuove e sofisticate analisi, alla ricerca della ragion d’essere dell’esistenza. La marroneta diventa un’isola di senso da circumnavigare, una maestra di vita che produce nuove dimensioni in un panismo che non è mai retorico, ma che salva dal pericolo del disincanto. Perché la natura parla, nonostante i più non sappiano ascoltarla, incapaci di penetrare i messaggi più raffinati. Le sue storie si fanno metaforiche e possono aiutare a ri-nascere con saggezza, a potenziare quella sensibilità che rende idonei ad affrontare la vita, anche quando si presenta nel suo lato più oscuro. Sono affascinanti e talvolta orrifiche, come quelle legate al fuoco e all’acqua, comunque destabilizzanti, instaurano con i noi di oggi un dialogo profondo e proficuo, narrano ricordi che predispongono a una dimensione in cui è tutto l’essere a mettersi in gioco.
Non è facile, perché questi significati sono reconditi, non stanno mai in superficie, ma nel profondo della persona, lì dove corpo e anima si intrecciano nella poliformica unità dell’essere. In quell’incrocio di culture che è ognuno di noi.
Così si catturano anche con le immagini, tanto che semplici cortecce ingrandite si fanno arte del ricordo, interiorizzazione del segno per farsi sogno. L’occhio di Elettra scruta e coglie, Flavio crea e affascina con le sue rielaborazioni nel bianco e nero delle atmosfere oniriche.
I segni del paesaggio cristallizzano la sua memoria storica: qui i comportamenti individuali e collettivi trovano il loro asse, qui le storie e i miti si intrecciano con le emozioni dei ricordi. Sono storie di lotte, di vincite e disperazioni, di riscatti sociali e individuali che insegnano ad amare la vita e soprattutto a sentirsi parte di una terra, segnati da una cultura. Disegnano correlazioni di esistenze – co-essere, co-esistere – con metafore visibili se l’uomo non le violentasse e se non si perdessero con la voce e la memoria dei cives di quelle terre. Paesaggio, memoria e lingua appaiono accomunati dal medesimo destino della dispersione, in un presente che appiattisce, riduce, elimina, semplifica. La natura, per essere letta, abbisogna di un sentire profondo intessuto di intelligenza e di emozione.
La scrittrice, infatti, ci offre una lingua capace non solo di descrivere, ma di risignificare in un continuo passaggio da fuori a dentro, da una dimensione esteriore a una dimensione interiore e viceversa. Ci fa capire, come scrive il poeta Andrea Zanzotto, che “il paesaggio è la forma manifesta della psiche, ed è perciò doppiamente sacro, in quanto è lontananza e intimità allo stesso tempo”, per cui “lembi di territorio” diventano “frammenti di destino”. Paesaggio esteriore e interiore si fanno tutt’uno, talvolta nel medesimo dramma dell’incendio o della forza dell’acqua, per cui ogni devastazione o violenza perpetrata all’ambiente diventa devastazione e violenza dell’essere. Nel libro si respira e si condivide il profondo disagio di fronte al continuo dissesto dell’ecosistema.
Il radicamento nel paesaggio della marroneta si trasforma in apertura verso la complessità del mondo, attraverso un continuo e progressivo spostamento di orizzonte: da un dove a un altrove, dal luogo geografico al non luogo della parola.
L’incanto con cui viene descritta la realtà si fa canto di parole intrise di emozioni: solleticano l’olfatto, risvegliano l’udito, stimolano la vista a non accontentarsi delle apparenze, aiutano a trovare una vera rigenerazione. Il lettore si ritrova a gustare con tutti i sensi un libro denso, in cui ogni pagina non ha conclusione, ma stimola ad andare oltre con una scrittura intensa capace di catturare e di trasportarti “come un sughero sull’onda”, per dirla con Roland Barthes.
Se ognuno trova il modo di stare con la pluralità di se stesso, evidenziando legami di contiguità che stimolano nuove riflessioni e incoraggiano sconfinamenti, per dare luogo a mirabili figurazione multiple, ogni confine diventa mobile e permeabile, basta liberarsi dalla superficialità del pensiero unico.
La natura é uno specifico poliedrico che non può essere legato al palo del pensiero fisso, per questo necessita di con-divisione e di interazione: di una comunicazione che sia capace di andare oltre la parola. Mai come adesso appare attuale la riflessione sull’incapacità di immedesimarsi nell’altro per costruire un noi, un cum attraverso l’inter. Il noi apre una dimensione relazionale gravida di futuro.
La lettura di questo libro ci guida a percepire il forte potere di fascinazione della natura, tanto che la storia della marroneta diventa metafora della nostra storia. E allora c’è davvero speranza: diventa possibile superare il senso di impotenza verso il cambiamento, per potenziare l’inquietudine, affinché sbocchi in creazione e non affiori il disincanto. Quel disincanto che ti cattura quando guardi intorno e ti imbatti in individui che sono diventati monadi esistenziali, tesi alla difesa dei propri confini, incapaci di relazioni.
Leggendo capiremo che, quando saremo capaci di affiancare all’estetica l’etica del fare, saremo su una buona strada, quella che ci farà riscoprire la pregnanza del cum, la bellezza dell’essere compagni nel fare e nel pensare. E allora sarà una lettura che non si accontenta, non una semplice decodifica di segni grafici, ma una lettura esigente che legge e rilegge, ricerca e confronta, analizza e scruta, pronta a penetrare il detto e a intuire il non detto, proprio come chi scrive. La scrittura di Elettra Lorini è il frutto di una cultura attiva, che, se si isola momentaneamente nello studio, è per affermare con maggior forza la sua azione per una trasformazione di un presente che non piace e non può piacere a chi ha il vizio di pensare.
Vi gusterete una grande storia minima, una storia senza la S maiuscola, una trama di azioni e di sentimenti che ci consentirà di partecipare in senso più profondo alla comune vicenda dell’esistere.