Mutante voce di vento mutevole vola…
asolo aliseo
aerofano
alita argentina aura
arieggia e articola
agile austra,
abbonaccia e ammulina
armonie in afflato,
si accorda in estensione
brezza e mulinella
si dispone in posizione ritmica
si imposta in tono,
garbino etesio…
corre e canticchia carezzevole
fresca eco briosa
frizza fremiti in falsetto
fila e refola fioche folate
flauta
formata fiata
in favonio giocondo guaisce
mormora
modula morbidezze
mugola e muglia
mugge e rimugge
mutata ventola
cerca la risonanza,
sussurra sonorità sensuali
spula
spira di fronda stridula
trilla e tremula
traccheggia la frase intonata
stentorea aria di nulla piena
ventaglia ventosa vanità
zufola zuzzurellone
zeffira raffiche
zimbella,
remolino zingaro,
sizza e uzza
zaffa e zomba
zurla zoppicante
orezza e rezza in zarzuela
in zelante zendale
sussurra sommessa
ma si svocia
ventola d’imbatto
mentre rumoreggia
rabbioso eolo reboante
groppo sibila e spiffera stizzose raffiche
zigzaga e zimbella
stridente tromba e tormenta traversie
turbina tamburi
fischia vortici e boria
stona scordata
banderuola bora
bezzica e bazzica
urla e ulula
infuriato orlando!
mutante voce di vento mutevole vola…
Commenti
Commento di Amedeo Monfardini
Cara Sandra,
come sempre i tuoi auguri sono fantastici e personalissimi. Li contraccambio di cuore e, anche se non ho la tua fantasia e inventiva, né la tua sapienza di scrittura, ti auguro con tanto calore i più bei momenti felici e creativi. La tua poesia, “La voce del vento”, mi è piaciuta tantissimo, infinitamente. Credo di averla capita.
Nessuna parola è di tua invenzione: Zurlare è un verbo (credo dialettale) che avevo sentito pronunciare tanti anni or sono da un mio amico veneto, che veniva da lui usato nel senso di andare a zonzo, girovagare; per quanto riguarda “splula” è chiaramente un errore di battitura: il termine da te usato è sicuramente “spula” e il soffio di vento che toglie la pula è un’immagine assai suggestiva.
Alcune parole sono desuete, ma tutte quante sono talmente bene inserite nel tessuto poetico, che ne esce un capolavoro: la maniera con cui sono accostati tra loro i termini dà forti sensazioni. Tu hai catturato la voce del vento o meglio di tutti i venti (l’asolo, gli alisei, il garbino, il soffio etesio, il caldo favonio, lo zeffiro, la gelida sizza, la pungente uzza, l’austro, la bora, eolo, per non parlare del groppo che è l’intensificazione delle raffiche di vento). Tu hai saputo cantare la voce del vento in tutte le sue infinite sfumature, non con la tua voce, ma con la tua penna. La tua non è una poesia, è una SINFONIA vera e propria, che ci rapisce in tutti i suoi momenti musicali. Sai che io amo profondamente la musica, e la tua poesia mi è piaciuta così tanto che leggendola ho ascoltato musica e, se non ti annoio, vorrei tentare di esporti ciò che ho provato.
Se analizziamo il significato semantico delle parole, la voce del vento dolce, sensuale, calda, carezzevole nient’altro è che un morbido e avvolgente ADAGIO (asolo, aliseo, garbino, arieggia, austra, brezza, etesio, modula morbidezze, canticchia carezzevole, alita argentina aura, sussurra sonorità sensuali, orezza e rezza, sussurra sommessa…).
Ed ecco l’armonia della parola si espande in un ARIOSO sinfonico (armonie in afflato, flauta, si accorda in estensione, si imposta in tono, fila e refola, la frase intonata, aerofono…). Arriva il movimento veloce, che nella sinfonia è chiamato ALLEGRO (posizione ritmica, fresca eco briosa, frizza fremiti in falsetto, corre, favonio giocondo, trilla e tremula, zufola zuzzurellone, remolino zingaro).
Ed ecco le DISSONANZE della musica, in cui gli accordi non sono più armoniosi ma stridenti, pur tuttavia stupendamente accattivanti (abbonaccia e ammulina- termini tra loro contrastanti, perciò dissonanza in terminis-, guaisce – in dissonanza con le due parole immediatamente precedenti: favonio giocondo-, zeffira raffiche -dissonanza in terminis-, brezza e mulinella -di nuovo dissonanza in terminis-, spira di fronda stridula -dissonanza in terminis-).
E infine ecco le parti della poesia, che descrivono la voce turbolenta e irata del vento, che nelle partiture musicali sarebbe contrassegnata dalla didascalia AGITATO (ammulina, mulinella, mugola e mugghia, mugge e rimugge, mutata ventola, folate, fronda stridula, zaffa e zomba, ventaglia, sizza e uzza, urla e ulula, infuriato orlando, rabbioso eolo reboante, turbina tamburi, groppo sibila, spiffera stizzose raffiche, fischia vortici e boria…).
Ma al di là del valore semantico delle singole parole, nella tua poesia sono contenute delle frasi stupende. Ne cito solo alcune, che mi ridestano particolari sensazioni ed emozioni: mi è piaciuto molto il “remolino zingaro”, questo piccolo mulinello birichino di vento, che vagabonda come uno zingaro. Stupendo è definire la voce del vento “stentorea aria di nulla piena”. E ancora mi piace tantissimo “ventaglia ventose vanità”, perché mi ricorda certe persone… che ventagliano le vanità del mondo e a me ci vuole il ventaglio per sopportarle (ma cerco sempre e comunque di evitarle).
Ma il diapason di bellezza assoluta l’hai raggiunto con la frase: “mutante voce di vento mutevole vola”. Qui siamo davvero nell’alta poesia e ogni commento al riguardo è assolutamente superfluo.
Fin qui ti ho parlato della semantica delle parole della tua poesia. Ma è ancor più la MUSICA INTRINSECA di quelle parole che mi ha colpito. Sandra, per me che amo la musica, questa tua poesia non ha parlato, ma ha suonato una stupenda sinfonia con mutante voce che è volata molto in alto… Si ritrova in questa poesia sinfonica un uso meraviglioso di effetti onomatopeici. Hai valorizzato, con un’ispirata e straordinaria ricerca, il suono delle vocali e delle consonanti ottenendo un effetto onomatopeico strabiliante, tramite il quale le parole si sono trasformate in musica.
Nell’incipit hai insistito sulla vocale A, che rende perfettamente l’idea di un alito, un dolce alito di vento che appena si avverte. Musicalmente parlando, questo inizio in PIANISSIMO è un ADAGIO, cioè un ritmo lento e pacato (asolo, aliseo, alita, argentina, aura, arieggia, agile, austra).
Dal pianissimo iniziale, da te magistralmente creato con la vocale A, sei passata ad un tempo VIVACE giocando su parole contenenti la consonante F, fricativa labio-dentale, che rende perfettamente l’idea delle folate ancora moderate di vento (mi ha colpito la sequenza delle parole, pressoché contigue, contenenti la F: fresca, frizza, fremiti, falsetto, fila, refola, fioche, folate, flauta, formata, fiata).
Ed ecco un tuo colpo di genio: la voce del vento, all’inizio relativamente calma, con poche parole aumenta d’intensità, facendosi più imponente e inquietante e tu ottieni questo effetto giocando sul suono onomatopeico della consonante nasale bilabiale M, non di rado associata alla sonorità palatale della consonante G. Musicalmente parlando, tu, in pochissime battute, passi da un ADAGIO (mormora, modula, morbidezze) a un tempo veloce AGITATO, che rende perfettamente l’idea dell’intensificazione inquietante della voce del vento (mugola, muglia, mugge e rimugge, mutata).
E ora la voce sibilante del vento, giocando sulla consonante fricativa alveolare S, che hai usato in alcune parole contigue o comunque vicine, ci suscita incisive e varianti sensazioni di relativa calma e sensualità per un verso, incertezza e inquietudine per un altro. Si crea così un movimento musicale di velocità moderata, ma più svelto dell’adagio, che potrei definire come un ANDANTE (sussurra, sonorità, sensuali, spula, spira, stridula, stentorea).
E adesso incontriamo un’altra consonante, la più classica forse per descrivere la voce del vento: la consonante sonora labio-dentale V. Anche qui tu hai avuto una bella intuizione: non hai voluto abusare di una quantità eccessiva di parole inizianti con la V, sarebbe stato forse troppo scontato e banale. Ciò nondimeno, con solo tre parole incisive e taglienti come una lama hai letteralmente scolpito una frase che si imprime come un marchio a fuoco nell’immaginario di chi legge: ventaglia ventosa vanità. La frase da te scritta, ispira riflessione e ridesta considerazioni sulla vanagloria umana, ma non genera inquietudine per cui musicalmente la definirei un ADAGIO. E la consonante V è la protagonista assoluta dell’afflato poetico che emana dalla bellezza rapinosa della frase ”mutante voce di vento mutevole vola…” e che musicalmente si espande in un estatico ARIOSO.
Ed ecco la consonante fricativa alveolare Z da te usata a piene mani in parole il più spesso contigue. Alcune parole presentano addirittura una doppia ZZ. Il suono di questa consonante rende perfettamente il suono della voce del vento e la copiosa presenza della Z esprime un ritmo incalzante, definibile musicalmente come PRESTO MOLTO AGITATO (zufola, zuzzurellone, zeffira, zimbella, zingaro, sizza, uzza, zaffa, zomba, zurla, zoppicante, orezza, rezza, zarzuela, zelante, zendale, zigzaga, zimbella).
La bufera non si placa e continua con la consonante esplosiva T (tromba, tormenta, traversie, turbina, tamburi), cui sapientemente hai fatto seguire parole contenenti un’altra consonante esplosiva, la lettera B (boria, banderuola, bora, bezzica, bazzica). Questa abbondanza di consonanti esplosive T e B, che musicalmente si potrebbe definire uno SVELTO mi rende l’idea che alla bufera di vento si accompagni una pioggia martellante o grandine: infatti i suoni onomatopeici di questo passo mi fanno venire a mente i PATTER-SONGS della musica inglese, la così detta “musica a ticchettio”, cioè la musica che riproduce il rumore della pioggia al suolo. Tu stessa parli di tamburi il cui rullio ritmato e veloce può ricordare il rumore dello scroscio di un nubifragio al suolo.
Chiudi la tua sinfonia con tre parole contenenti la classica vocale U (urla, ulula, infuriato), che ha un suono molto chiuso e più di qualunque altra lettera dell’alfabeto è idonea ad esaltare la furia del vento alla sua massima intensità, che si esprime acusticamente come un vero e proprio ululato. Direi che qui siamo alla STRETTA FINALE con uno SVELTO MOLTO AGITATO.
Quando ho fatto la lettura la prima volta della tua poesia, soltanto in due punti ho avuto qualche dubbio, che poi credo di aver chiarito. Il primo dubbio riguardava la parola Zarzuela, che notoriamente è una forma teatrale spagnola con parlato e con molti brani cantati da voci impostate di stampo lirico con musica il più spesso a ritmo di bolero, seguidilla e flamenco: mi sono domandato come la voce del vento possa in qualche modo ricordare questi vivaci ritmi popolari presenti nelle Zarzuelas. L’altro dubbio riguarda lo Zendale, che, da quel che so, è un sottile velo trasparente e delicato di seta. Poi ho pensato che, con licenza poetica ti sei avvalsa sia della parola Zarzuela che della parola Zendale per sfruttarne le possibilità onomatopeiche del loro suono intrinseco che è loro conferito dalla consonante Z. E poi ho anche pensato che entrambe le parole hanno una loro giustificazione logica nel contesto della poesia: la Zarzuela è comunque uno spettacolo di musica e quindi pur sempre di suoni si tratta. E per lo Zendale ho pensato alla sensazione fisica che il vento spesso ci dà: le carezze del vento sembrano un velo che ci tocca, che ci avvolge ed ecco dunque lo zendale e l’immagine suggestiva da questo termine evocata.
Penso anche, Sandra, che con la Voce così mutevole del vento, tu abbia voluto descrivere allegoricamente i mutevoli e mutanti stati d’animo delle persone. A seconda dei periodi, delle contingenze o semplicemente per caratteristiche caratteriali una persona può presentarsi dolce e carezzevole come un etesio, calda e appassionata come il vento del Sud, l’austro, dare tepore come il favonio che fa germogliare la vita delle piante, essere pungente come l’uzza, algida come la sizza, violenta come la bora.
Sandra, ovviamente con le dovute differenze di stile, questa tua poesia per la ricchezza di tanti suoni onomatopeici mi ha fatto venire a mente la stupenda “Pioggia nel Pineto” di D’Annunzio, una delle poesie da me preferite. Tutto ciò che è musica arriva nel profondo del mio essere. E la “Pioggia nel Pineto” è musica; e la “Voce del Vento” è musica.
Non so se tutto ciò che ho scritto sia giusto o una grande stupidaggine: resta il fatto che questa poesia è bellissima e lascia adito a molte riflessioni personalizzate. Ti ringrazio di tutto, ti abbraccio ed auguro a te e a tutti i tuoi un periodo sano, sereno, creativo e felice. E a te in particolare tante belle soddisfazioni letterarie.
18 aprile 2014, Amedeo Monfardini
Commento di Paola Panichi
Cara Sandra,
ho sempre associato l’idea del “commento alla poesia” a uno dei tanti compiti scolastici che hanno fatto prendere in uggia anche il più gran capolavoro, ma ora Amedeo mi fa proprio ricredere.
Il suo commento, così ben scritto, permette di cogliere aspetti della ‘mutante voce di vento mutevole vola….’, che solo un esperto come lui poteva fare: l’accostamento con la musica, l’idea delle possibili corrispondenze tra due diversi linguaggi, la molteplicità degli esiti comunicativi nella poesia.
A te è piaciuto perché coglie proprio quello che volevi dire.
Ma anche se così non fosse, penso faccia piacere a un autore sentire le diverse letture personali, anche se qualche volta potranno deluderlo.
Con quest’idea mi azzardo a proporti anche la mia; prendila come espressione di un’amica affezionata, tra l’altro poco incline alla dimensione poetica.
La prima cosa che mi ha colpito è la forma grafica, quella sinuosa successione di linee, in cui i versi assumono forma ariosa, diventano vere e proprie folate di vento, leggere , intense o impetuose, e si fanno movimento. Qui scatta la prima associazione letteraria, il meglio di Marinetti e del futurismo, la contaminazione tra immagine e parola scritta.
Poi arriva, netta, la sonorità, che ha ricordato anche a me ‘La pioggia nel pineto’, imparata a memoria in seconda media. La recitai in solitudine innumerevoli volte, provando e riprovando pause e intonazioni. A proporla in classe fu una professoressa severissima e apparentemente gelida, alla quale devo la scelta coraggiosa per quei tempi, e l’innamoramento per una forma espressiva prima a me ignota, che esigeva l’uso della voce.
Quel che sorprende nello scorrere del testo è la ricchezza linguistica, la ricerca, la sapiente scelta delle parole, la successione dei gruppi consonantici, la cultura sottesa e infine la maestria. La tecnica mi pare così ben posseduta. da dare l’impressione incredibile della naturalezza e della fluidità, proprio come la danza classica quando i ballerini riescono a volteggiare nell’aria come senza peso e senza fatica.
Quanto si possa trovare di significati, al di là del sapiente gioco linguistico e sonoro, non saprei dire, ma mi sembra che la voce del vento possa evocare una varietà di immagini, associazioni e simboli.
Amedeo vi ha colto la metafora della vita, nel mutare continuo delle situazioni e degli stati d’animo ; per me il vento rappresenta il movimento, l’opposto della stagnazione, la capacità di rinnovarsi e di rimettersi in gioco, il dinamismo.
E qui mi aiuta la lunga conoscenza che ho di te, per azzardare una correlazione tra la personalità dell’autrice e la scelta dell’immagine poetica.
Grazie Sandra, non smettere mai di sorprendermi.
Un abbraccio
Paola