Metafora del compasso dell’orizzonte (Remo Bodei).
Senso dell’appartenenza alla medesima comunità: avere radici, identità comuni.
L’etimologia di Comune risale a cum munibus o a moenia? In sostanza come realizzare un processo di crescita integrato mantenendo l’identità e aprendosi agli arricchimenti di altre culture?
Atavica paura del diverso, tendenza alla difesa del territorio.
Occorre ora più che mai un forte investimento nella cultura, nella scuola, nel pensiero.
Una formazione funzionale al terzo millennio necessita di alleanze: cum insieme.
Classica separazione fra otium (buono) – negotium (cattivo)
Artes liberales – artes serviles
In Italia separazione fra teoria e ricerca empirica.
Quale soluzione?
La scuola non può essere turris eburnea, isolamento solipsismo, autoreferenzialità (metafora della scuola torre e della scuola albero).
Scuola: una trasmissione di contenuti invarianti per individui medi, non può rappresentare la complessità dei saperi.
Non può essere nemmeno una scuola di eccessiva professionalizzazione.
Oggi è l’apprendere ad apprendere che va al di là della metacognizione, il modello da affermare.
Formazione delle menti (flessibili, capaci di risolvere problemi).
Possiamo oggi affermare la centralità della scuola nel continuo incremento delle opportunità cognitive?
Compito epistemologico della scuola è quello di filtrare, organizzare e interconnettere molteplici esperienze.
Di essere luogo di istruzione, di formazione e di socializzazione.
Specificità della scuola non assimilabile ad altre istituzioni.
Si tratta di conoscenza e la conoscenza è di per se stessa complessa.
Plasmare, allenare le menti.
Complessa = cum plectere = intrecciare= intreccio di più dimensioni.
La molteplicità può costituire un pericolo se non c’è adeguata organizzazione dei saperi.
La maggiore accessibilità dei saperi non influisce sulla qualità degli apprendimenti (in realtà c’è da registrare un preoccupante impoverimento del linguaggio).
E’ nello spazio scolastico che si formano le idee di fondo, le mappe concettuali.
Pericolo di un individuo diviso: ricco di esperienze e di informazioni, ma che non sa organizzarle perché le mappe concettuali che gli ha dato la scuola non sono adeguate.
Rapporto fra scuola e lavoro
Primo momento storico di lontananza, in seguito si è sempre più affermata la necessità che la scuola si adeguasse alle esigenze della professionalizzazione.
La scuola non può obbedire al mondo del lavoro, organizzandosi in funzione del mondo del lavoro (esempio: numero chiuso).
Ma non può nemmeno essere indipendente, altrimenti va per conto suo e sforna disoccupati.
Deve essere interagente: la scuola fa il suo mestiere (forma le menti) non scimmiotta altri, ma si mette in contatto.
Scuola: organizzazione dei saperi (mappe dei saperi, piano teorico, generale).
Lavoro: organizzazione dell’applicazione (piano applicativo, particolare).
Grande responsabilità pedagogica e antropologica.
Laboratorio di esperienze e di sperimentazione: insegnare a usare gli spazi cognitivi in modo appropriato e flessibile.
Quantità/qualità recupero della lentezza, del rigore, dell’approfondimento: diffidare del bignamismo, del sapere in pillole.
Nella scuola occorre più pensiero: inglese e informatica, per esempio, sono strumenti.
Scuola e professionalizzazione dovrebbero avere né rapporto gerarchico, né automatico, né strumentale.
Convincere le imprese ad occuparsi di scuola.
Convincere la scuola che non può assumere modelli organizzativi non suoi.
Convincere la scuola, le imprese e le istituzioni che è attraverso la scuola e la cultura che si formano mentalità che sanno superare i localismi e proiettarsi in Europa. Che è attraverso l’inutile che si prepara l’utile.
Problema di comunicazione fra istituzioni: cum insieme, condivisione.
Connessione, contaminazione fra otium e negotium.
Cultura delle testa, delle mani, della mente.
E’ lavorando sul pensiero, è investendo nella scuola e nella cultura che si cresce, è nella capacità di superare ottiche individualistiche e strumentali, di andare al di là della logica del profitto.
Proposte: partire da questa esperienza per ampliarla verso orizzonti più ampi:
- instaurare con scuole partner europee esperienze didattiche a più ampio raggio, investendo più discipline, organizzando progetti comuni (Miti e linguaggi giovanili, per esempio) (lavoro con i docenti),
- connotare le scuole come avanguardie per rapporti più ampi: scambi fra scrittori, intellettuali, esperienze di artigianato e di industrie (consoli),
- costruire un tavolo di lavoro permanente, una specie di consulta interistituzionale per qualificare sempre più la scuola aprendola a esperienze capaci di aprire le porte, soprattutto mentali, nella direzione della cultura e dell’economia (associazioni),
- costruire una nuova alleanza, nella consapevolezza delle diversità, fra cultura e lavoro, fra identità territoriale e cultura europea.
Cosa produce la scuola? Il docente insegnamento, lo studente apprendimento.
La qualità nella scuola è questa.
Saperi relazionali, saperi di risoluzione dei problemi.
Professionista = profiteor, colui che è chiamato, che ha vocazione.