27 luglio – 12 agosto 2007
27 venerdì: Partenza
28 sabato: arrivo nelle prime ore della mattina a Yerevan (capitale); visita alla città vecchia, musei, fortezza di Erebuni; pernottamento a Yerevan.
29 domenica: Echmiadzin: antica capitale, centro spirituale più importante del paese, vaticano della chiesa armena, visita alla cattedrale e al museo, cerimonia domenicale presieduta dal papa armeno; Garni: tempio romano dedicato al dio sole, terme romane, resti di una muraglia del III sec. a.c.; Geghard: il monastero, che si trova in una spettacolare gola, è chiamato con il nome della lancia che trafisse il corpo di Cristo; nei dintorni interessanti stele tombali, in città, museo e case storiche; ritorno a Yerevan.
30 lunedì: Yerevan dintorni: Matenadaran, museo-libreria con preziosi manoscritti, chiese e monasteri, sito archeologico, Khor Virap, monastero fortificato, prigione di San Gregorio Armeno; ritorno a Yerevan.
31 martedì: Areni: centro vinicolo, fattorie, ma c’è anche il monastero fortificato di Khorirap con vista del monte Ararat e il santuario di Noravank; ritorno a Yerevan.
1 mercoledì: Tatev: monastero costruito su una fortificazione naturale; ritorno a Yerevan.
2 giovedì: arrivo in pulman al lago Sevan, bellissimo lago circondato da montagne – 2000 m – dalle acque turchesi; pernottamento a Dilijan, stazione termale frequentata da Shostakovic.
3 venerdì: arrivo in pulman a Tbilisi, capitale: città vecchia, mercati, chiese, bagno alle terme di acqua sulfurea; pernottamento.
4 sabato: Tbilisi: museo statale georgiano, cattedrale dove è sepolta la tunica di Cristo, museo d’arte; pernottamento.
5 domenica: Kazbegi: città situata ai piedi del monte Kazbek a pochi chilometri dal confine russo, gole, paesaggi, chiese scavate nella roccia; ritorno a Tbilisi.
6 lunedì: Gori: visita alla città natale di Stalin, Grande via della seta, Uplistsikhe: città scavata nella roccia; arrivo e pernottamento a Borjomi.
7 martedì: visita a Borjomi: località di villeggiatura e a Bakuriani, pittoresco villaggio sciistico a 1700 m., pernottamento a Borjomi.
8 mercoledì: arrivo a Batuni: caratteristica città di villeggiatura sul Mar Nero, risposo, bagni di sole e bagni nel Mar Nero!
9 giovedì: Batuni
10 venerdì: Batuni
11 sabato: Tbilisi
12 domenica: ritorno.
Fra oriente ed occidente: nel caucaso di armenia e georgia
Il Viaggio per le 7… 70 Chiese e Monasteri
Premessa
Caucaso. Terra di confine. Sulle carte geografiche sta con l’Oriente, su quelle politiche è rivolta all’Occidente. E’ un ponte, sia se riflettiamo sul passato, sia se analizziamo gli scenari del presente. Un ponte con una sua specifica civiltà, con una storia antica e tormentata, così come capita a chi sceglie di stare con un piede di qua e uno di là. Non so se l’Armenia e la Georgia abbiamo mai potuto scegliere di stare di qua o di là, so però che oggi dichiarano e dimostrano la voglia di essere se stesse. Anche questo abbiamo potuto constatare, in occasione di un viaggio scelto proprio per metterci al centro di un passaggio cruciale, all’interno di terre ricche di tante maestose suggestioni. Un viaggio scelto, come sempre, agli inizi dell’estate, con l’amica Shirin (ricordate l’agenzia “Shiraz Travel” di Roma?), specializzata per viaggi in zona, che si dà subito un gran daffare per prenotarci i voli più adatti e congeniali rispetto alle nostre esigenze.
27 Luglio
Si parte. Si parte con lo storico gruppo di cinque (insieme a Sandra, Cristina, Pietro ed Antonia). Si parte, dopo aver vinto tutte le legittime riserve dovute al fatto che Sandra dovrà sopportare ancora il fastidio di un piede ingessato. Sandra è donna orgogliosa e non accetta di piegarsi alla momentanea indisposizione.
Si parte da Firenze con la Lufthanza, dopo che Sandra ha potuto accertarsi della disponibilità di un adeguato servizio assistenza (trasferimenti all’interno degli aeroporti, salita e discesa dagli aerei), un servizio che supererà ogni e qualsiasi più promettente aspettativa.
Si parte nel tardo pomeriggio, si viaggia nottetempo, si fa scalo a Monaco e si arriva ad Yerevan, capitale dell’Armenia, una delle più antiche città del mondo, alle quattro del mattino. Le operazioni di visto si risolvono in quattro e quattrotto e alle cinque siamo a contrattare un taxi per raggiungere il centro, dove arriviamo poco oltre le sei, all’Hotel Ani Plaza, dove pernotteremo una sola notte, perché troppo caro e soprattutto perché Cristina, passeggiando per il centro, indovina una soluzione più confacente presso l’Hotel Aviatrans, recentemente rinnovato, naturalmente anche più economico (80 euro la doppia, con abbondante colazione) e dove accoglienza e servizi raggiungono livelli di ottima qualità.
28 Luglio
Le prime ore del mattino sono destinate ad un po’ di riposo, ma dopo colazione, consumata quando ormai stanno per sparecchiare, si parte per un primo approccio con il limitrofo centro della città. Il tempo è splendido, caldo – ventilato, la passeggiata è comodissima e in un balletto siamo nella monumentale Piazza della Repubblica (Hanrapetutyan Hraparak), già Piazza Lenin, da sempre l’autentico cuore della città. Anche il Museo Statale di Storia Armena si affaccia sulla maestosa Piazza, un Museo che visitiamo per primo per farci dispiegare un’ampia e quasi completa conoscenza di tutte le varie età, a partire da quella della pietra… e poi l’Armenia ellenica, la cristianizzazione, la presenza degli Arabi e dei Turchi.
Nel pomeriggio si visita il quartiere del cosiddetto Ring Park, soprattutto per penetrare all’interno della godereccia vita dei caffè all’aperto, che caratterizzano davvero la vita di Yerevan. Si parla di una vera e propria “cultura dei caffè”, dove oramai si soddisfano svariate esigenze: si ascolta musica, si consumano prelibatezze del luogo, si chiacchiera all’infinito, si fanno nuove conoscenze, si proiettano vecchi film in televisione… e naturalmente i più “audaci” possono consumare anche caffè.
Anche noi ci accomodiamo per un aperitivo e per scambiarci notizie a proposito della vita delle Istituzioni che rappresentiamo: Provincia, Scuola, Istituto Ricerche Educative, Circondario, Biblioteca Nazionale. I problemi non mancano, ma siamo in Armenia e per di più sul corso principale (il Ring, appunto) della vita mondana. E allora, viva la vita! E che non ci capiti di peggio. L’ambiente (fisico-naturale-sociale) è talmente coinvolgente che decidiamo di non allontanarci neppure per la cena, che consumiamo decentemente proprio lungo il Boulevard, naturalmente all’aperto e, sempre naturalmente, senza farci mancare argomenti per il nostro dilungarci su temi di vario genere. E stasera, dopo l’ “Amministrazione” si affrontano storie di vita vissuta all’interno delle reciproche famiglie, mettendo al centro, inevitabilmente, figli e genitori.
Si trascorrono ore piacevolissime, ancor più piacevolmente piacevoli per il fatto che Sandra sta egregiamente sopportando e superando le difficoltà iniziali.
29 Luglio
È domenica e in questa terra, da secoli convertita al Cristianesimo, le cerimonie religiose costituiscono un vero e proprio avvenimento. Dopo esserci trasferiti al nuovo hotel Aviatrans, si parte col nostro autista Gagik per raggiungere in tempo utile la Santa Sede armena di Echmiadzin, distante circa 40 minuti dalla capitale. E’ il loro Vaticano e quando l’Armenia si convertì al Cristianesimo (fra il 180 e il 340 d.c.) era la capitale. Questa è la sede del loro Pontefice, ovvero il Katholikòs, Patriarca degli Armeni.
Il complesso comprende la cattedrale e vari altri monumenti ed è qui che ogni domenica mattina si svolge una spettacolare funzione, alla quale prendiamo direttamente parte. Per fortuna riesco a sistemare Sandra seduta nell’unica zona dotata di sedie: sembra sia la zona dei frati e delle ancora vergini… e se non riusciamo a trattenere le lacrime non è certo per la commozione. La partecipazione dei fedeli è assolutamente particolare: genuflessioni, distribuzione continua di baci, canti singoli e collettivi, litanie di ogni genere e soprattutto straordinarie intonazioni di cori.
Naturalmente è qui che si raduna anche il popolo dei turisti che, come noi, condivide le cerimonie con i commenti, talvolta distraendosi sull’ingresso della cattedrale, dove si fanno incontri e conoscenze. Elisabetta, una ragazza di Alessandria già incontrata in aereo, commenta con noi la mattinata e con lei due signore di Firenze; poi è la volta di una ragazza locale che il giorno successivo partirà per Perugia, dove perfezionerà il suo italiano, mentre io vengo rimproverato per il mio comportamento non troppo assorto, dato che mi sono addirittura permesso di incavallare le gambe.
A mezzogiorno si riparte per raggiungere, sempre intorno ad Yerevan, il Tempio di Garni, l’unico pagano presente in Armenia, dedicato ad Elio, Dio del Sole, posto su un’altura che lo rende ancor più maestoso. Comprende anche resti di Terme romane e di una chiesa, a rappresentare l’importante centro della cultura ellenistica.
La meta successiva è il Monastero rupestre di Geghard, distante appena una decina di chilometri. Anche qui riesco ad ingentilirmi il responsabile religioso che mi accorda, eccezionalmente, l’accesso del pulmino fino all’ingresso del Monastero, in cima ad un picco roccioso. Un vero e proprio monastero scavato nella roccia, dove ancora sono visibili i resti delle celle monastiche, appunto scavate da loro stessi nella roccia. Anche qui si è coinvolti nelle varie cerimonie di rito ed in particolare in quella del battesimo di una coppia di ventenni che si conclude con la distribuzione di cioccolatini, della quale anche noi, partecipi, beneficiamo. In un angolo del monastero scorre acqua benefica, pare funzionale all’impedimento delle rughe, mentre non si è capito se sia capace anche di estinguerle. Le nostre signore comunque ne approfittano, anche se non ne avrebbero alcuna necessità.
Il paesaggio è collinare, altalenante, un continuo saliscendi che sollecita le nostre curiosità e provoca piacevoli improvvisazioni. Le coltivazioni agricole sono ricchissime, anche per l’abbondante presenza d’acqua che rende rigoglioso il territorio. Sulla strada si incontrano ripetutamente donne che vendono frutta, verdura, marmellate, miele e tanti altri prodotti dei campi. Noi si acquista marmellata e confezioni di aglio, sotto non si sa che cosa.
La conclusione del pomeriggio si svolge al mercato domenicale di Yerevan, dove si fanno pochi acquisti e dove sono costretto ad una scenata d’ira nei confronti di un furfante che intende passare per un procacciatore di clienti taxi, naturalmente stabilendo in proprio le regole più convenienti.
Leggendo la guida, la classica Lonely Planet, scopro il noto quartiere dei ristoranti di khoravatsi, ovvero la “Barbecue street” . E’ la nostra soluzione ideale per la cena. Purtroppo, invece, la guida dell’Armenia (caso unico a me capitato), essendo arretrata di 4 anni, è letteralmente superata. Lo è anche in questo caso, tant’è che la “Barbecue street” non esiste più, anche se per fortuna sopravvivono alcuni tipici ristoranti e fra questi il nostro prescelto “Cesar”, ottima soluzione, sia per la qualità che per la postazione, dalla quale si domina la vista sul monte Ararat, la biblica montagna sulla quale, secondo la leggenda, si sarebbe arenata l’Arca di Noè, orgoglio e frustrazione del popolo armeno, perché simbolo sacro che ormai però si trova su territorio turco.
Siamo stanchissimi, anche se Cristina e Pietro non rinunciano ad una rilassante passeggiata, attraverso i caffè che circondano l’area del Teatro dell’Opera.
30 Luglio
Dopo la colazione delle 9.00 ci si accomoda (si fa per dire, visto che siamo in 5 otre l’autista) su un taxi per raggiungere la Biblioteca Nazionale. Purtroppo, però, l’indirizzo è sbagliato e si è condotti ad una biblioteca di quartiere. Si riparte…e questa volta per una biblioteca per ragazzi. Si decide comunque di visitarla e nessuno si pentirà, data la splendida accoglienza e soprattutto l’invitante allestimento, la creatività, i molteplici spazi all’interno dei quali bambini e ragazzi esprimono le proprie fantasiose inventive.
Antonia, giustamente, non intende desistere e intorno a mezzogiorno, finalmente, si è accolti alla Biblioteca Nazionale. La parte più interessante è caratterizzata dalla presenza di codici e testi antichi, purtroppo (ci pare) allestiti all’interno di sale non particolarmente curate. La visita ci impegna un paio di ore, accompagnati da personale incuriosito della nostra attenzione, scrupoloso nel renderci quanto più esaustive le informazioni richieste. Pare che la nostra presenza sia apprezzata come un avvenimento, tant’è che concludono la visita con una conferenza stampa, con un felice brindisi e un sincero arrivederci, magari a Firenze.
Era in programma, ma anche qui ci consigliano di visitare il Museo Sergei Paradjanov; anzi, anticipano e prenotano la nostra visita, cosicché si è ricevuti e trattati da veri ospiti speciali. Il Museo occupa la casa di un artista e regista d’avanguardia, nato a Tbilisi e trasferitosi ad Yerevan perché sottoposto, in patria, ad accuse di immoralità. È un museo che espone opere diverse (collage, sculture, disegni), tutte quante affascinanti e particolarmente originali. Si è accompagnati da una guida molto documentata, capace di soddisfare ogni nostra curiosità, anche a proposito della vita e delle traversie subite dall’artista.
Il primo pomeriggio si impiega per la visita della “Cascata”, una vasta rampa di gradini di pietra che si inerpica sulla collina periferica di Yerevan. Si sale la “Cascata” a piedi, anche se potremmo servirci di una scala mobile. Si sceglie la soluzione più faticosa perché oltre ad essere la più naturale è anche quella che ci consente di apprezzare la molteplicità di aiuole coltivate con varietà illimitate di fiori. Al culmine è posto il Monumento dedicato al 50° Anniversario del Soviet dell’Armenia, mentre sulla piazza della partenza troneggia un’allegra scultura di Fernando Botero.
C’è in tutti noi la voglia di visitare il Teatro dell’Opera che si trova esattamente di fronte alla “Cascata”. E’ uno dei simboli più riconosciuti della città, circondato da parchi e caffè che lo animano in permanenza, a prescindere dalla programmazione delle proprie attività. Si tenta, purtroppo invano: è chiuso e stasera non ha in programma alcun spettacolo, deludendo così le nostre aspettative. Peccato!
Dopo una breve sosta ad uno dei numerosi caffè, si decide di ritirarci in hotel per un necessario riposo, prima di raggiungere il tipico ristorante “Mer Gyugh”, consigliatoci da una ragazza armena e dove ci si è dati appuntamento con il gruppo italiano, del quale fanno parte sia Elisabetta che le due signore di Firenze, anzi, di Ponte a Greve. L’ambiente è davvero caratteristico, il menù è tipico, ma analogo a tanti altri provati. La musica ed alcuni improvvisatori rendono così talmente caldo l’ambiente (soffocante per un vero caldo afoso) che si è costretti ad abbandonare la sala subito dopo la conclusione della cena. Si conclude la serata ad un ennesimo, rilassante, caffè, dov’è piacevole abbandonarci a qualche delizia armena: gelato, cognac (il preferito di W. Churchill) e, appunto, caffè.
31 Luglio
Stamattina ce la prendiamo con calma, rammentandoci che queste sono anche le nostre vacanze. La partenza è ritardata ad oltre le 10.00, in compagnia del fido Gagik e del suo sgangherato pulmino. Una giornata che ci condurrà all’interno delle campagne a sud di Yerevan e che ha inizio con la visita al Museo e Fortezza di Erebuni, della quale resta poco più che il recupero del sito, dal quale si evince la presenza di ampi granai, anfore per il vino, spazi per il sacrificio degli animali. Era stata costruita intorno al 782 a.c. come residenza per Khaldi, il Signore. Scarso è l’interesse dei reperti raccolti nel museo, mentre completa è la vista del panorama che abbraccia l’intera città.
L’interesse successivo è riservato al meritevole Monastero di Khor Virap (visitato anche da Papa Giovanni Paolo II), posto su una collinetta nelle vicinanze del monte Ararat. Fortunatamente riesco a convincere il custode che, gentilmente, ci fa accedere fino all’ingresso con il nostro pulmino. La Chiesa principale risale al XVII secolo e troneggia indisturbata, sovrastando la fertile valle circostante. E’ una giornata molto calda ed i sedili all’ombra di alcune piante sono ricercatissimi. E’ in questi pressi che Annibale fondò la città di Artaxata (oggi non ne resta traccia), sotto le nevi dell’Ararat.
L’Ararat, il monte simbolo della storia dell’Armenia. Dalla collina del Khor Virap si tocca quasi con mano e si godono in vicinanza le sue propaggini color rosa-cenere, ricoperte di neve nella parte superiore.
Si riparte per l’incantevole valle dell’Armenia meridionale. Il paesaggio coniuga insieme le gole che si sviluppano intorno alle sorgenti della Valle dell’Arpa con l’accogliente pianura, all’interno della quale scorriamo. Siamo al centro della più significativa regione vinicola dell’Armenia, dove prospera il vitigno di Areni. Naturalmente non possiamo farci scappare l’occasione di una visita ad una delle cantine del luogo, dove Pietro ci guida e dove assegna verdetti di scarsa qualità al rinomato vino di Areni. I nostri ospiti ci accolgono con simpatia e ci dispongono decine di assaggi diversi, soltanto però rari sono quelli appena accettabili. Gli acquisti sono necessariamente contenuti, ridotti ad appena tre bottiglie.
Attraversando nuove gole serpeggianti che dividono le colline dalle fresche pianure, ricche di alberi da frutta e piccoli torrenti, si sale per raggiungere l’invitante complesso monastico di Noravank (nuovo monastero). La chiesa di Surp Astvatsatsin dispone di una ripida e stretta scalinata esterna, sulla facciata, dalla quale si domina l’intera vallata, un paradiso silenzioso, dove soltanto il ”frastuono” delle numerose sorgenti potrebbe (piacevolmente) rompere l’incantesimo. Si sale fin sopra la scalinata, anche per ammirare da vicino la cupola recentemente restaurata. Noravank è meta anche di visite speciali, come quella di un folto gruppo di giovanissime danzatrici americane, di origine armena, tornate sui passi dei loro genitori per ripercorrere, anche attraverso rappresentazioni spettacolari, le amare vicende di un popolo costretto troppe volte a prendere la triste via dell’emigrazione. Approfittiamo dell’ambiente rilassante per una breve sosta intorno ad un tavolo del bar allestito nei pressi, dove si consuma qualcosa prima di riprendere il viaggio del ritorno. Un rientro molto tranquillo, intervallato da un paio di soste per i prodotti dei banchetti posti sulla banchina della strada. Prodotti naturalissimi, opera della donne che trasformano la frutta dei campi e li vendono ai curiosi viaggiatori che, come nel nostro caso, vengono accolti con tutti gli onori, addirittura con l’offerta di pane e salumi che le stesse stanno consumando.
Dopo una sosta per ritemprarci dalla lunga scarrozzata, ci si prepara per una cena da consumare al ristorante “Bellini”, naturalmente parente (alla lontana) di Vincenzo. E’ al completo e per un tavolo dobbiamo attendere un bel po’ e consumare una cena tutt’altro che eccezionale, al costo ordinario di circa 12-13 Euro.
Per rientrare all’hotel si attraversa la spaziosa Piazza della Repubblica, decorosamente illuminata, dove ancora fervono lavori di restauro per riattivare, sembra, alcune vasche di zampilli d’acqua.
1 Agosto
Stamani si lascia Yerevan, ma non prima di aver visitato la Matenadaran, la famosa biblioteca, una delle più antiche del mondo, che raccoglie i migliori manoscritti antichi dell’Armenia, ben 17.000. L’attuale sede è una costruzione degli anni ’50, pare ben organizzata ed al primo piano è collocata la collezione pubblica, limitata ma ben selezionata, con autori greci e romani, manoscritti arabi e iraniani. La nostra preziosa guida, di nome Antonia, ci illustra da par suo tutto ciò che riesce a decifrare, trascorrendo così un paio d’ore immersi nella storia profonda e sofferta di questo popolo troppo combattuto. Nel parlottare si incontra un giovane armeno laureato in letteratura italiana, con tesi su Giacomo Leopardi, che ha vissuto anche a Firenze, città della quale ci dice di essere innamorato.
In tarda mattinata si parte alla volta del Lago Sevan, sosta ideale per ritemprarci dal caldo umidiccio della capitale. Siamo a circa 2.000 metri di altezza, l’aria è fine e tanta sarebbe la voglia di un bagno, anche se in acqua di lago. Io e Sandra sostiamo in un bar per sorseggiare un ambito caffè, Antonia, Cristina e Pietro si arrampicano sulla collina per visitare il Monastero di Sevan, che non vogliono davvero perdersi. Anch’io, più tardi, faccio una corsa e non me ne pento, soprattutto per aver apprezzato l’immenso paesaggio che circonda il lago.
Sulla via per Dilijan (la nostra prossima meta) si fa sosta al Monastero di Haghartsin (significa “danza delle aquile”), un’ennesima testimonianza del patrimonio architettonico, gioiello di architettura medioevale, di cui è ricca l’Armenia. Costruito nel XII secolo è composto dalla Chiesa dedicata a S. Gregorio e da quella dedicata alla Madonna. E prima di raggiungere Dilijan si è coinvolti in un piacevolissimo, imprevisto appuntamento: il nostro autista Gagik si ferma a salutare amici che seduti ad una lunghissima tavola, posta lungo la strada in uno spazio riservato al pic-nic, stanno pranzando per festeggiare il battesimo di un bambino. Si è accolti con una festosa allegria, difficile da raccontare tutta, ci fanno posto a tavola, si mangia e soprattutto ci è offerto di bere di tutto e di più, ci si scambiano apprezzamenti, si scattano foto, si innalzano calici per brindare alla festa, mentre alcune signore stanno preparando, addirittura, le pietanze per la cena. Che ci va ci vuole, specialmente se, come in questo caso, ottima è la qualità della tavola.
Dilijan è una località di montagna, circondata da foreste che compongono una Riserva Naturale. Gloriosa stazione termale, già frequentata da grandi musicisti come Shostakovic e Khachaturian, luogo di villeggiatura decaduto negli anni passati, oggi in corsa per ambiziosi progetti di ripresa. Il giovane laureato su Leopardi ci aveva consigliato un “B & B”, ma è una soluzione impossibile; se ne tenta un altro, anch’esso senza i minimi requisiti. Ci viene consigliato un hotel, ma è parte in restauro e parte occupato. La soluzione conclusiva si rivela ideale: l’ex-Sanatorium, oggi “Hotel Impulse”, una struttura interessante anche sotto il profilo architettonico, immersa nel verde lussureggiante della collina, con servizi capaci di favorire anche a lunghe permanenze, molte presenze familiari, adatto dunque anche al nostro gruppo, che stasera accusa (con l’eccezione di Cristina) malanni più o meno intensi. Il “Sanatorium” ci voleva proprio, magari con l’offerta di un menù un po’ più articolato, rispetto a quello fisso propostoci senza alternative, all’interno di una sala spaziosa, usata anche per conferenze, dove Pietro ci improvvisa una conferenza sul Piano di Sviluppo Rurale.
Prima della buona notte si passeggia nel parco dell’hotel, si ricevono i messaggi del nostro e delle nostre figlie, tento invano di chiamare mamma che, però, preme la segreteria… ed infine ci si informa per prenotare un pulmino per raggiungere, l’indomani, Tbilisi, dato che a Dilijan ci saluta il nostro autista Gagik. Data l’ora, tutto è rinviato al mattino successivo, mentre ci attendono comodi e freschi letti, dove è necessario usare addirittura la coperta.
2 Agosto
Il rito della colazione si svolge lentamente, anche perché siamo in attesa di notizie a proposito di un possibile mezzo per raggiungere Tbilisi. Entra in scena, finalmente, il “boss” dell’hotel, che tiene a che si riparta con un piacevole ricordo di questa breve sosta al “Sanatorium”. Ci spiega, anzitutto, di aver rilevato il complesso da pochi anni e soltanto da uno ha ripreso l’attività, dopo i necessari interventi di ristrutturazione. Si dà un gran daffare, pare anche per ottenere un buon prezzo, dopo le mie scenate, che Antonia descrive da filmato, tese a rendere conveniente la trattativa, pur in assenza di credibili alternative. Alle 11.00 si parte, attraverso colline e montagne verdissime, beneficiando di un gradevolissimo clima. Intorno a mezzogiorno siamo pronti per un altro Monastero, quello di Haghpat, una vera e propria perla, appollaiata sulla gola del fiume Debed, dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO. Un vero splendore architettonico, con vedute mozzafiato ed un’atmosfera che ci guida all’interno del complesso composto da più edifici: la Chiesa principale, la torre campanara, la biblioteca e il refettorio. Anche qui non mancano cerimonie, miste a cori e litanie che rendono perfino allegro il vivere popolare dei monaci presenti.
Alla frontiera con la Georgia si cambia autista e l’auto che ci condurrà in un paio d’ore a Tbilisi non è troppo comoda, anche se percorre una strada pianeggiante ed in buone condizioni. Le operazioni di frontiera si sbrigano velocemente, ci chiedono appena i documenti e non serve alcun visto per entrare. Così dovrebbe essere in tutto il mondo, specialmente per noi incalliti viaggiatori.
A Tbilisi ci mettiamo alla ricerca di un hotel, che alla fine sarà l’Hotel Boni, ex Sharm, una piccola pensione centrale, particolarmente caratteristica, gestita da un simpatica e gentile signora, allestita con collezioni di mobili, quadri e suppellettili antichi, dove regna un clima assolutamente familiare. Purtroppo dispone di sole due camere con bagno privato e così Antonia, per stanotte, dovrà sopportare il bagno comune. Costa il giusto: camera doppia e colazione 45 euro.
L’affabile signora (innamorata dell’Italia e di Firenze) ci consiglia il quartiere più vicino dove poter consumare, all’aperto, la cena quotidiana. E’ il quartiere pedonale, dove anche Sandra può permettersi di arrivare a piedi. La qualità della cena risulta buona, con qualche piatto anche ottimo, ma ci è servita troppo lentamente, con portate intervallate addirittura di un’ora. Nessuno si perde d’animo e soltanto Cristina si mostra garbatamente insofferente. Io e Pietro continuiamo a dilettarci nel riproporre, specialmente ad Antonia che non ha origini toscane, modi di dire e termini di un vocabolario popolare e contadino a noi familiare: rotta di china, bollore, toppolo, mencio, insenna. E’ ormai molto tardi quando ci consegnano il conto, pari a 14 euro; tuttavia si opta per il rientro a piedi, malgrado il mio mal di testa, la bassa pressione di Antonia, alcuni malesseri di Pietro, il piedone di Sandra e la salute di Cristina.
3 Agosto
L’ampia camera che ci viene assegnata è comodissima, anche se l’impianto di condizionamento stenta a renderla sufficientemente fresca. Tuttavia è stata l’occasione per un’ottima dormita. Alle 9.00 è programmata la colazione, che ci viene servita da una gentile signora nella “vecchia” sala pranzo dell’antica dimora. E’ perfettamente arredata, con stile e gusto, tanto che prima di avviare le consumazioni si è incuriositi dai pregiati arredi che la compongono. La colazione è standard e, purtroppo, sempre uguale; forse l’unico handicap dell’intero servizio. Tutti gli ospiti siedono allo stesso tavolo ed è questa una perfetta occasione ideale per socializzare, per fare chiacchiere, per scambiarci esperienze e commenti. C’è un polacco, un americano e soprattutto una coppia di lettoni. Sono di Riga, lei si chiama Kristine e parla perfettamente italiano.
Antonia (dato che non si è liberata una camera con bagno) decide di passare ad un altro hotel nei pressi, ma è tutto occupato. Le consigliano un’altra soluzione, ma troppo lontana da noi. Finalmente trova posto in un piccolo hotel a qualche centinaia di metri. Oggi si comincia la visita della città vecchia, dopo aver ricevuto il messaggio di Silvia dall’America, che ci informa dei suoi spostamenti. A pochi metri dal nostro hotel si visita la chiesa più antica di Tbilisi, l’Anchiskhati, costruita nel V secolo. Più volte restaurata ed anche trasformata nei secoli, si presenta in ottimo stato e dopo l’arco di accesso, scendendo alcuni scalini, si entra nella parte principale della chiesa. Stiamo costeggiando il fiume Mtkvari, che attraversa e divide in due la città. Anche Sandra passeggia e di lì a poco siamo già nella vicina Cattedrale di Sioni, centro della Chiesa georgiana e sede del “Katholikòs”. Costruita, demolita e più volte ricostruita, si presenta con un’architettura un po’ confusa; tuttavia interessante, anche per la sua posizione centrale sulla vecchia Sionìs kucha (via). Il passo successivo (dopo che Antonia e Cristina hanno scoperto un panificio-pasticceria ed acquistato appetibili prelibatezze) è verso la Fortezza di Narikala, alla quale si accede fin dentro con un taxi. Considerato il simbolo dell’ingegnosità difensiva di Tbilisi, domina naturalmente l’intera città, un po’ come si fosse a Forte Belvedere di Firenze. Le mura sono ancora ben conservate e al loro interno si visita la Chiesa di S. Nicola, purtroppo interamente ricostruita dopo un’esplosione che l’aveva demolita. Mentre Antonia, Cristina e Pietro riscendono a piedi, io e Sandra con un taxi ci avviciniamo alla Cattedrale di S. Giorgio, interessante soprattutto per alcuni affreschi. Subito dopo tocca agli impianti termali di acqua sulfurea; non c’è tempo per un bagno, anche se forse non ne avremo approfittato comunque, data la non eccezionale suggestività dell’ambiente, malgrado siano state frequentate anche da Puskin e Dumas. Un’occhiata alla Chiesa di Jvaris Mama, risalente al VI secolo e poi io e Sandra ci si accomoda ad un caffè, lungo la principale via pedonale. Si tenta, ancora invano, di chiamare mia mamma e per fortuna riesco a comunicare con mio fratello Guido. Tutto bene! Nel frattempo passa la coppia lettone di Riga; con Kristine ci mettiamo a parlare: ha 28 anni, ama la lingua italiana, tiene un dottorato all’Università di Riga sulla lingua inglese… ed ha tanto desiderio di tornare in Italia ed a Firenze in particolare, dove naturalmente noi li invitiamo caldamente, come nostri ospiti. Dopo un ambito riposo, si riprende a piedi verso l’hotel, dove ci ricongiungiamo tutti, si fa una sosta sulla terrazza e poi ci si prepara per la cena in un ristorante frequentato da armeni. C’è un fragoroso clima confusionario, alcuni piatti sono ottimi, il vino specialmente. E’ qui, peraltro, che si incontra un enologo italiano di Rovereto, Renato Loss, che frequenta abitualmente l’Armenia e che ci dice delle buone prospettive di collaborazione commerciale con l’Italia. Il sig. Loss e Pietro si addentrano, ovviamente, anche su temi più specifici, relativi alla qualità attuale del vino e ai possibili miglioramenti.
4 Agosto
La colazione, come vi ho già detto, è anche l’occasione per fare nuove conoscenze ed è così anche stamattina, quando si salutano i nuovi arrivati.
A metà viaggio si è soliti concederci una giornata di riposo, come se fossimo in ferie. Oggi ci tocca ed è dunque con calma che definiamo il programma, in attesa che Antonia ci raggiunga. Poi si parte, affollati in un unico taxi, per la visita alla città della sponda di sinistra: il quartiere Avlabari, caratterizzato dal fatto che si trova arrampicato su un costone, proprio prospiciente il Mtkvari River. La presenza più affascinante è quella della Chiesa di Metekhi, affacciata sul fiume ed esattamente di fronte alla Fortezza di Narikata. Nel momento della visita si stanno svolgendo intense funzioni religiose, la chiesa è affollata e sull’ingresso un barbuto santone (tutti portano barbe lunghe) riceve genuflessioni, accorati saluti e sbaciucchiamenti vari. Si tratta sicuramente di un personaggio importante e rappresentativo, anche se accetta che io, già un po’ stanco, mi sieda accanto a lui, dove però sono completamente ignorato, nessuna mi sbaciucchia, pur avendo anch’io la barba discretamente lunga. Pazienza!
Oggi c’è anche da prenotare un pulmino per i prossimi giorni e dopo alcuni tentativi si scopre che la “Caucasus Travel” è l’agenzia più attrezzata ed anche la più conveniente. Io e Cristina (mentre gli altri riposano) si sviluppa un’aspra trattativa, approfittando soprattutto del fatto che una ragazza conosce molto bene l’italiano. Quella che comanda è però l’altra, la simpatica ed energica Nini (Nini, perché è piccola, ci dice), che ci fa sottoscrivere un contratto per sei giorni, a 130 Dollari (circa 25 a persona), mettendoci a disposizione pulmino, autista, consumi… insomma, tutto compreso. Ci sembra una buona soluzione, anche perché si tratta di attraversare letteralmente l’intera Georgia.
Tranquilli, ci si rilassa ancora ad un bar che oramai ci è familiare sulla via principale, la Leselidzes kucha, si consuma qualche caffè, gelato e frutta, prima di riprendere il cammino verso la nuova Tbilisi, attraverso la sua arteria principale, ovvero l’elegante Rustavelis gamziri. Il primo appuntamento è di fronte al Parlamento. Di costruzione recente (1938-53) è stato sede di vari movimenti nell’ultimo ventennio (dalla crisi dell’U.R.S.S.), fino al 2003, quando il Presidente Eduard Shevardnadze (mitico Ministro degli Esteri nel governo dell’U.R.S.S. di Gorbaciov) fu costretto a dimettersi per far posto ad un giovane Presidente, Capo di Stato più giovane d’Europa, Mikhail Saakashvili. Dopo una breve sosta nella Chiesa di Kashveti, di fronte al Parlamento (anche a causa di un’improvvisa pioggia), si percorre un tratto della Rustavelis alla vana ricerca di un Teatro, chiuso in questo periodo. Si decide, pertanto, di rientrare in hotel, dato che oggi, come vi ho detto, è giorno di ferie e ci si fa consigliare il ristorante che sappia coniugare il meglio fra qualità, posizione e tipicità, che risulta essere una vecchia cucina (della quale non rammento il nome), allestita proprio lungo il fiume, dove si respira un clima godereccio, dove si incontrano gruppi di vario tipo (cene organizzate, singole coppie, gruppi di turisti). Il servizio è impeccabile, la qualità molto varia ed ottima, oltre che abbondante, ed il prezzo è standard: i 12-13 euro di sempre. Ma è soprattutto la gente speciale, proprio perché qui si riuniscono per strafare, come fanno quelli del tavolo accanto con la cerimonia del bere: ogni tanto (ovvero in continuazione) si alzano, uno fa un breve discorso e tutti brindano, poi riprendono a mangiare qualcosa… ed il rito riprende e non si sa per quante volte ancora, dato che noi li abbiamo trovati e li abbiamo lasciati. Un’esperienza che decidiamo di riprovare quando, a conclusione del viaggio, ripasseremo da Tbilisi.
5 Agosto
Alle 9.00, puntualissimo, ecco il nostro nuovo autista David, con pulmino non troppo ampio, ma comodissimo e, peraltro, con le poltroncine rivolte frontalmente, così da costituire un salotto comodo per i nostri continui colloqui. Si parte alle 9.30 sulla rotta della “Strada Militare Georgiana”, verso il confine russo. Un paesaggio e un panorama mozzafiato, caratterizzato dall’insieme di aspri territori montani e valli verdeggianti e rigogliose, specialmente lungo il tracciato che costeggia le acque turchesi e le vegetazioni lussureggianti del Lago di Zhinvali. Il panorama che si gode affacciati sulle sponde del lago è assolutamente sublime… e la conferma è data dalla presenza di tanti visitatori. Più avanti si visita la Fortezza di Ananuri poi, attraverso il Passo di Jvari e la Valle di Sno, si arriva dritti nella piazza centrale di Kazbegi, la meta principale. Una città che non offre gran che, ma che è frequentatissima da gruppi devoti al trekking per scalare in 2-3 giorni il Monte Kazbek, alto oltre 5.000 metri, al quale sono ricondotti molti miti e racconti tradizionali. Un paesaggio magnifico sottoposto a tutela, specialmente con l’istituzione della Riserva Naturale. La visita al Museo Alexander Kazbegi ci è impedita dalla sua chiusura e così si visita questa silenziosa e sonnolenta meta di confine, gustandoci alcune specialità del luogo, preparateci da alcune signore di razza squisitamente russa, poco inclini ad usare simpatia, gentilezza e cordialità.
A metà pomeriggio si riprende la via del rientro, ammirando in lontananza la Chiesa della Tsminda Sameba (della Santissima Trinità) e dopo tre ore siamo di nuovo a Tbilisi, con sulle spalle una piacevolissima sfacchinata, anche se sarei per consigliare un programma di due giorni (meglio tre) per apprezzare in pieno le suggestive meraviglie di questo percorso.
Per la cena si torna nella zona pedonale e si sceglie il Ristorante “K.G.B.”, dove si ordinano piatti autentici, tipo “La religione è l’oppio dei popoli” , “Che Guevara” e, naturalmente, accompagnati dallo squisito “Vino di Stalin”. Sarà forse per il “Vino di Stalin” che, proprio durante la cena, ci si accalora per un’accesa discussione sul ruolo di Papa Woitila nella Storia, esprimendo giudizi ed apprezzamenti molto diversi fra noi, mentre io prendo decisamente le sue difese. Una breve passeggiata e poi, finalmente, il meritato riposo, nell’ampia e comoda camera del “nostro” simpatico “Hotel Boni”, ex –“ Sharm”.
6 Agosto
Stamattina si lascia Tbilisi per tornarvi fra quattro giorni. Una lunghissima giornata, ricca di alcuni dei più interessanti appuntamenti. Il primo è con l’antica capitale, temporale e religiosa di Mtskheta, situata a pochi chilometri da Tbilisi, dove nel IV secolo santa Nino convertì il popolo georgiano al Cristianesimo. Una città mitologica, pregna della più suntuosa spiritualità della Georgia, da sempre cuore spirituale, con i suoi numerosi monumenti e luoghi di culto, dichiarata dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità. La prima visita è dedicata alla solenne Cattedrale di Sveti-Tskhoveli, la più grande della Georgia, ma soprattutto una delle più frequentate e dove si dice sia stata sepolta la tunica di Cristo. La visita comprende l’interno con i suoi pregiati affreschi, ma anche i ben curati cortili circostanti, protetti dal muro difensivo che racchiude l’intero sito. Sono interessanti le visite anche alla Chiesa di Samtavro e alla piccola e graziosa Chiesa di Antioki, ricchissima di affreschi recentemente restaurati.
Per raggiungere la prossima meta si attraversa un’ampia e fresca vallata, utilizzando una comoda strada che in breve tempo ci conduce nella città di Gori. Se fossimo in astinenza di Chiese e Fortezze, anche Gori potrebbe darci una mano, ma a Gori si sosta anzitutto per la visita al Museo Stalin, che qui nacque e a lungo visse, in una minuscola casetta, devotamente protetta e conservata. Al Museo si è accompagnati da una ragazza molto disponibile e documentata, anche se quasi sicuramente diffidente della ideologia stalinista. La documentazione è ricchissima e molto varia: dall’infanzia alla Conferenza di Yalta. Si attraversano le ampie sale con molta, giustificata curiosità, fino ad arrivare alle sale dove sono esposti i tributi resi a Stalin dai leader politici di numerosi paesi stranieri, insieme a doni e regali ricevuti da militanti politici di ogni parte: dall’Italia ne giunsero tantissimi, fra questi dalle “Compagne di Ascoli”, “una collezione di pipe da Milano”, “una collezione di anfore dall’Italia”… e potremmo continuare. Accanto al Museo è esposta e si visita la famosa, mitica “carrozza ferroviaria” di Stalin, elegantemente attrezzata all’interno di tutto punto, usata per recarsi alla storica Conferenza di Potsdam del 1945.
Prima di ripartire ci si ferma in un piccolo supermercato (un gelato, una frutta, un po’ di acqua, un caffè) e poi in fretta e furia, percorrendo la storica “Via della Seta”, ci si indirizza verso la irripetibile città rupestre, interamente scavata nella roccia: Uplistsikhe, un complesso del I millennio a.c., con dimore, mercati, cantine, forni, teatro e chiesa. Arrivò a contenere, all’inizio del Medioevo, 20.000 abitanti, sistemati “comodamente” nelle sue ben 700 grotte. Purtroppo a Sandra è impossibile arrampicarsi su quell’impervio selciato e così ci attende al bar dell’ingresso, mentre noi perlustriamo, affaticati per il saliscendi, i meandri della città: l’antico teatro, il tempio, i vari laboratori che si affacciano sulla collina.
Tornati al punto di partenza, si racconta e si spiega a Sandra l’avventura, poi si riparte puntando direttamente su Bakuriani, approfittandone per comunicare con Silvia che sta avvicinandosi a Chicago. Bakuriani è la storica località sciistica della Georgia, immersa in un pittoresco villaggio annidato fra i monti, molto frequentato anche in estate da turisti locali, che approfittano del suo clima ritemprante. Gli alberghi sono, infatti, quasi tutti pieni e soltanto dopo alcuni tentativi si scopre, con fortuna, un’ottima soluzione, dove con 50 Euro si dispone di una buona camera doppia, un’ottima colazione, ma anche un’abbondante cena, servita a buffet, dove c’è di tutto e con la quale ci riempiamo letteralmente, dove tutti sono a nostra disposizione (data l’ora oramai tarda) e dove, gentilmente, si è accolti da antiche canzoni di Celentano. Una cena davvero da raccontare.
7 Agosto
La giornata odierna risulta una delle più faticose, soprattutto per il tracciato di strade un po’ accidentate, non sempre ben tenute e con distanze ragguardevoli. Il paesaggio, viceversa, è uno dei più suggestivi, che riesce ad intercalare al meglio zone di comode pianure con alture talvolta impegnative, attraverso vallate lussureggianti. La prima sosta è riservata alla visita dell’imponente Fortezza di Kertvisi, una delle strutture fortificate più antiche della Georgia. Per renderla completamente accessibile sarebbero necessari ingenti lavori di restauro, ai quali stanno lavorando alcuni giovani (ragazze e ragazzi), presumibilmente volontari e forse dotati di scarsa esperienza. Ma tutto fa, mettendo in conto soprattutto la passione e l’entusiasmo che ci pare abbondi in questa giovane èquipe. Ma la direzione assunta è giustificata essenzialmente (e non vi sembri poco) dalla visita alla città rupestre per eccellenza, ovvero Vardzia. Una fortificazione del XII secolo, trasformata in centro religioso dalla Regina Tamar, quindi in una città di ben 50.000 abitanti. Appena arrivati si è letteralmente colpiti dalla topografia ancora funzionante della città che sovrasta i vari sentieri di accesso, peraltro ben organizzati e tutto sommato abbastanza comodi. Ci si trattiene il tempo necessario per attraversare i punti più significativi della città, fino ad arrivare alla Chiesa dell’Assunzione, ancora felicemente affrescata, anche se le opere risalgono attorno al 1184-86. Sandra si intrattiene con alcuni visitatori israeliani, naturalmente innamorati anch’essi dell’Italia, interessati alla nostra arte, soprattutto da parte di una signora di professione artista.
A metà pomeriggio si riprende verso Kutaisi, la seconda città della Georgia e soprattutto la vecchia capitale della Colchide, nonché patria del grande Vladimir Mayakovsky. Vi si giunge dopo tre, lunghe e faticose ore, durante le quali non ci perdiamo affatto d’animo ed anzi ne approfittiamo per “fare salotto” fra noi, trattando un argomento particolarmente attuale come il cosiddetto “bullismo”.
Arrivati a Kutaisi si sceglie di pernottare alla Pensione “Beka”, posta sulla collina, soluzione tipicamente familiare, proprio perché allestita all’interno di una villa, dotata di un’ampia terrazza e gestita da una signora molto disponibile. Una soluzione da raccomandare, ma in un periodo non troppo caldo (com’è anche il loro agosto), giacchè le camere non sono dotate di aria condizionata.
Si consuma la cena in un certo ristorante “Hollande”, dove si arriva abbastanza tardi, comunque quando oramai tutto potevano aspettarsi tranne che dover servire una cena a sei “disperati”. La scena che si consuma merita di essere raccontata. Si entra, distrattamente accolti da una coppia di giovani che sta parlottando fra sè. Si chiede di poter cenare e ci si rende conto che il tutto si svolge lentamente, con risposte evasive, con tanti no… in un clima di ingiustificata sopportazione. La ragazza, tuttavia, si dimostra più attiva e quando è costretta a rispondere no, lo fa con un certo imbarazzo. Il giovane, viceversa, se ne frega assolutamente e di fronte alle nostre richieste si limita a sorridere, ad allargare le braccia, ad accendere la sigaretta per fumarla, comodamente seduto ad uno dei tavoli. Dopo varie insistenze e sollecitazioni, convinto e convinti di essere presi in giro, non riesco a trattenere la mia reazione, arrivo quasi ad alzare un po’ la voce, a minacciare di abbandonare il locale (ma per andare dove, a quell’ora?), quando si scopre che il giovane non è uno dei gestori, ma delle due una: o un semplice cliente o l’innamorato della ragazza. Non ho bisogno di aggiungervi altro a proposito della figura fatta, sperando che la difficoltà della lingua, almeno questa volta, ci sia stata di aiuto.
8 Agosto
Una notte trascorsa nell’afa umida delle nostre camere ordinate, con qualche intervallo trascorso sulla terrazza, malgrado il refrigerio non fosse troppo ripagante. Sulla stessa terrazza dove stamani si consuma un’ottima colazione, soprattutto servita in un clima di graziante familiarità; un’esperienza analogamente vissuta da tanti altri viaggiatori, così come si legge nei messaggi rilasciati sul diario degli ospiti in transito. Una colazione di varie portate, intervallate dai racconti con i quali io e Pietro intratteniamo le nostre signore a proposito delle nostre esperienze di vita in campagna, maturate durante l’infanzia.
La prima meta mattutina, dopo un arrivederci calorosissimo con la signora che ci ha servito la colazione, è la magnifica Cattedrale di Bagrati, praticamente prossima al centro della città, sul promontorio che sovrasta il fiume. Non resta molto, ma alcuni spazi interni, parte del palazzo e la chiesa denotano come si sia trattato davvero di uno dei più importanti insediamenti della Georgia, a partire dal VI secolo. Pietro e Cristina si impegnano anche per una visita delle aree esterne, malgrado la calura che ormai sta mettendoci alla prova.
Successivamente, con il nostro fido David, ci si sposta di qualche chilometro per visitare il complesso monastico di Gelati, abilmente costruito in una posizione incantevole, su una collina infoltita di boschi. Si visita la chiesa, l’accademia, il monastero e le varie residenze, con la reale percezione di vivere all’interno di una piccola città di monaci, ancora molto attiva, anche per la presenza di monaci molto giovani, intenti a sbrigare anche le quotidiane pratiche di vita comune. Ma quel che lascia a bocca aperta sono gli affreschi ed i mosaici degli edifici sacri, dove ogni centimetro è ricoperto da scene del Vangelo, dipinte con colori vivissimi. La vita di questo complesso (come di altri, in verità) fu interrotta nel 1922 e soltanto nel 1988 ha riassunto la sua storica funzione, ristabilendo legami con il passato. Si trascorre qui un certo tempo, come fanno anche molti turisti, per ritemprarci, per scambiarci messaggi, per tentare di capire meglio l’esperienza di questi giovanissimi monaci, che ci ospitano con grazia e sincera amicizia. Ci si rilassa, anche perché la strada verso Batumi, sul Mar Nero, è ancora molto impegnativa, tant’è che si raggiunge soltanto alle 16.00, dopo una brevissima sosta in un’altra località marina di nome Kobuleti.
Batumi, dunque, una località marina che supera ogni mia aspettativa. Ho conosciuto tanti anni fa altre località del Mar Nero (in Bulgaria e Romania soprattutto, dove a Mamaia feci il mio primo viaggio all’estero nell’ormai… 1969), ma non certo di qualità paragonabile. Dopo tante Chiese, tanti Monasteri, tante Fortezze, un po’ di mondanità serviva. E qui ce n’ é in abbondanza, soprattutto a seguito dello sviluppo degli ultimi anni, che ha reso Bitumi una meta molto apprezzata. La ricerca di un hotel non è stata facile… e quando si è pensato di “ripiegare” sul mitico “Intourist” (la ben nota catena statale sovietica), lo si è fatto perché costretti, pur immaginando il peggio. Invece: trasformato in un super hotel 5 stelle, con casinò, negozi di lusso, prezzi alti, auto superlative nel parcheggio. E pensate che delle 300 camere ve ne sia una libera? Vi sbagliate: è tutto occupato. Per fortuna, dato che ad un buon prezzo si trova posto nel vicino Hotel Alik, dove si riposa per un’oretta e, dopo aver “licenziato” il nostro David fino al pomeriggio dell’indomani, alle 18.00 si esce per una comodissima e splendida passeggiata sull’invitante lungomare, con la sua folta vegetazione, arricchita dalla presenza di piante esemplari.
Per la cena si sceglie la terrazza di un noto ristorante lungomare, dove naturalmente abbondano le consumazioni di pesce, consumato con lo sguardo fisso a metà fra lo sconfinato spazio del mare e il verde prossimo delle colline che, giustappunto, sul mare si addossano. Il tempo della cena è piacevolmente dilatato dalla lentezza del servizio propostoci. Non c’è nulla di male; anzi, il piacere della lentezza solletica l’appetito di tutti noi, anche se, ormai a conclusione, si è sorpresi da una fitta pioggia che ci costringe ad abbandonare per ripararci in hotel.
9 Agosto
Il tempo si è mantenuto ottimo fino a questo momento, anche se talvolta la temperatura ha raggiunto livelli apprezzabili. I due giorni trascorsi sulle spiagge di Batumi sono stati, invece, un po’ dispettosi, non facendoci mancare qualche ora di pioggia. Stanotte è piovuto ed anche stamattina il tempo è incerto. Ne approfittiamo per gozzovigliare nella sala colazione che, non a caso, sta aperta fino alle 12.00. Nella hall dell’hotel ci si abbandona al gradimento di un armonico concerto, messo su da un complesso che sta eseguendo le prove per il vero concerto serale. Ottimo il pianista e superlativo il violino, che con l’esecuzione di canzoni italiane (appreso che, appunto, siamo italiani) si è direttamente coinvolti fino al punto di diventare noi i veri cantanti. Poi si sbrigano le rituali operazioni di pagamento delle camere, concluse favorevolmente dopo alcuni loro tentativi di cambio a noi sconveniente.
Stamani è in programma la visita alla città, caratterizzata da un’architettura che la rende più vicina ad una realtà caraibica che ad un centro georgiano. Ci si addentra attraverso la via principale, visitando la chiesa, le varie contrade, il mercato, mentre Cristina e Pietro approfittano della stagione degli sconti per acquistare un bel paio di scarpe. La zona del mercato è, come sempre, oltremodo movimentata, anche se non rappresenta interessi particolarmente tipici.
Dopo un breve sosta, alle 15.00 si parte con il nostro David per visitare la Fortezza di Gonio, a pochi chilometri da Batumi e quasi sul confine con la Turchia. Il tempo si è fatto sereno e dunque siamo in condizione di perlustrare completamente il sito, di origine romana, dove la tomba dell’apostolo Matteo Levi sta al centro di giardini incredibilmente rigogliosi. Si è accolti da due ragazze molto vispe, attente, preparate e scrupolose, specialmente quando le avverto che siamo partiti appositamente dall’Italia per visitare questa splendida Fortezza romana. I loro occhi esplodono, la loro simpatia trascende e la loro disponibilità quasi imbarazza. Uno spettacolare esempio di Fortezza militare romano-bizantina che ci appassiona fino al punto che decidiamo di salire sulle mura esterne per percorrerne una buona metà.
Verso il tramonto si rientra, dando luogo ad un’appassionata discussione sulla gestione delle biblioteche (argomento sul quale Antonia resta, ovviamente, maestra e di più), sul loro ruolo per la formazione e il supporto alla scuola (sollecitando l’interesse di Sandra e Cristina), mentre io mi limito a rappresentare la nostalgia dei tempi andati, quando da studente universitario solevo trascorrere intere giornate alla Biblioteca Nazionale, sede (il famoso barrino del sottoscala) di appuntamenti vari, di appassionate discussioni, insieme alla coltivazione di amicizie più o meno conturbanti.
La cena ci è consigliata dal boss dell’hotel (che si presta anche per la prenotazione) presso un ristorante riservato, dove ci è predisposta una sala esclusiva, dove il servizio e la qualità delle portate è eccezionale e dove, come sempre, il costo non supera i 12 euro.
10 Agosto
Anche stamattina, nella hall dell’hotel, si è intrattenuti dalle prove di ballo e musiche del gruppo della sera precedente, che esegue prove in preparazione di un qualche appuntamento mondano. Poi si prende la direzione della passeggiata, lungo il piacevole viale fiorito del lungomare. Il tempo è anche stamattina incerto e tuttavia ci abbandoniamo ad alcune prove marine sulla spiaggia, dove io accetto anche di provare (per quanto timidamente) il piacere delle “vive” onde del Mare Morto. Si passa così parte della mattinata, mentre Cristina e Pietro preferiscono approfittarne per proseguire la loro rilassante passeggiata.
Con David si riparte alle 11.30, direzione Tbilisi, con appena un paio di soste per soddisfare esigenze fisiologiche, nonché consumare qualche frutta e poc’altro. Intorno alle 18.00 siamo nella capitale, dove ad uno stop si è “interrogati” da due coppie, su due giganteschi motori, che ci chiedono indicazioni su come raggiungere il centro della città. Arrivano da Roma e Padova attraverso la Turchia; tentano due camere al nostro hotel e quindi ci seguono. Invece, appena arrivati, la signora dell’hotel ci informa che ha occupato anche le nostre camere, giacchè le è capitato un affare interessante per diversi giorni. Tuttavia si è preoccupata di prenotarci, alle stesse condizioni, un analogo hotel nei pressi; anzi, prossimo esattamente al ristorante dove avremo voluto cenare. L’hotel è buono ed anche le due coppie italiane trovano alloggio. Il rimanente scorcio del pomeriggio si utilizza per la visita alla gigantesca Cattedrale di Sameba, la più grande del Caucaso, recentemente costruita (in parte ancora in corso di costruzione) con fondi messi a disposizione di un anonimo benefattore. Purtroppo Sandra non riesce a percorrere il discreto tragitto e dunque, insieme, attendiamo che Antonia, Cristina e Pietro completino la visita.
Il ristorante dove avremmo voluto consumare la cena è chiuso per ferie e ce ne viene consigliato un altro, straordinariamente panoramico, con vista diretta sulla Fortezza illuminata, dove sulla terrazza si consumano ottimi piatti, ad un prezzo che lì per lì ci sembra caro, anche se non supera 20 euro.
11 Agosto
A colazione Pietro (come altre volte è successo) ci racconta i suoi sogni e ci racconta soprattutto di aver sognato in georgiano. L’occasione della colazione serve anche per fare quattro chiacchiere con gli italiani delle due moto, che stamani prenderanno la strada Militare, verso Kazbegi, meta che noi tentiamo di illustrare loro in modo tale da rendergliela ancor più affascinante. Poi ci salutiamo, mentre noi ci indirizziamo verso il mercato settimanale dell’antiquariato, mercato che merita di essere ricordato sopratutto perché si svolge in luogo ameno, lungo il fiume e sotto piante rinfrescanti. La qualità dei prodotti in commercio è, viceversa, deludente, soprattutto se confrontata con quella di tanti altri antiquariati. Si fanno, tuttavia, alcuni semplici acquisti, si torna a visitare alcune parti della città e soprattutto il Museo storico di Tbilisi, allestito in un vecchio Caravanserraglio, dove si apprezzano soprattutto le storiche foto delle varie epoche presovietiche. Quando oramai si avvicina il tardo pomeriggio, si decide di chiudere, di tornare in hotel per una breve pausa, ritirare i bagagli e successivamente predisporci per l’ultima cena, che abbiamo fatto prenotare dalle gentili ragazze della reception alla locanda posta lungo il fiume, quella storica di qualche giorno fa.
Ancora una volta consumiamo una cena spettacolare, peraltro stasera affacciati direttamente sulle sponde del fiume. E come noi lo è anche un folto gruppo di giovani iraniani, ragazze e ragazzi, che in Georgia sono giunti anche per sbarazzarsi delle regole opprimenti del loro Paese; nessuno si copre la testa, tutti mangiano e bevono senza porre alcun limite all’alcool… e soprattutto si divertono, ed io con loro mi presto ad intonare canti, ad alzare calici e ad augurare il migliore soggiorno.
E’ bello concludere così il nostro viaggio, dire arrivederci a questa città carica di interesse, passata ed oltrepassata da storie senza fine, che oggi, finalmente, sembra passarsela abbastanza tranquillamente. Noi ci siamo trovati a nostro agio, anche se la via di casa è sempre attesa, con la voglia che ci invoglia a partire, ma anche a tornare. Il taxi ci accompagna all’aeroporto, dove in nottata parte l’aereo per Firenze, via Monaco. Sandra è ancora una volta custodita in guanti bianchi, passa e si passa avanti a tutti ed anche le operazioni di imbarco sono le più facili fra quelle provate. Tuttavia, sia chiaro, voglio davvero sperare che si sia trattato di un’esperienza singolare e che così singolare ed unica resti in eterno.
Si torna a casa soddisfatti per un’ennesima esperienza che ci ha molto caricato ed arricchito e lo facciamo col desiderio di sempre: quello di partire, ma anche quello di tornare. Di tornare sui nostri passi, nel nostro habitat di sempre, dai nostri cari, alle nostre abitudini consolidate. E lo facciamo, dunque, contrariamente a quanto prova Ella Maillart che ci confessa:
“Non ho il desiderio
di tornare a casa
e spero che il viaggio
possa prolungarsi
tutta la vita; niente
mi attira più in Occidente,
dove so che
mi sentirei sola
in mezzo ai miei
contemporanei.
Le loro preoccupazioni
mi sono diventate
estranee”.
Cara Ella, noi vogliamo tornare, anche in mezzo ai nostri contemporanei. L’Occidente ci ha dato e vogliamo ci dia ancora molto. Così come tanto ci hanno dato e ci daranno i nostri cari, che ancora una volta ci attendono con l’ansia di sempre, che noi non accetteremo mai, e poi mai, di deludere.
E poi, Ella, non c’è da dimenticare che siamo vicini alla prossima avventura; c’è ancora da organizzare tutto… e pare per un numero ragguardevole di “clienti”. Lo sai, vero, che avevamo in programma la mitica Birmania (fammela chiamare ancora così, dato che mi è più facile!) … e Natale a chiamarlo, risponde. Bando, dunque, alle frottole, mettiamoci a lavorare per riuscire e per riuscire sempre al meglio. Io, lo sai, ce la metto sempre, davvero tutta.
P.S. : il viaggio in Birmania non è più scontato, date le difficoltà a prenotare l’aereo con partenza 26 dicembre e rientro 6 gennaio. L’alternativa ? Eccola: si sta prendendo in seria considerazione un’avventura in Etiopia. Vi saprò dire, mentre ancora una volta ho riposto nelle mie Silvia e Sandra la fiducia per la correttezza del testo e per la composizione grafica… e so di essermi messo in ottime mani.