Il punto di vista dei docenti sui soggetti a rischio
Le considerazioni che presentiamo si basano sull’analisi del materiale raccolto attraverso interviste e un questionario appositamente predisposto e somministrato a 151 docenti del biennio delle scuole superiori già coinvolte in progetti contro la dispersione scolastica.
Il punto di vista dei docenti scaturisce così da diverse tecniche di rilevazione, messe in rapporto tra loro, perché dalle interviste sono state estrapolate alcune affermazioni sulle quali è stato costruito il questionario.
Le loro percezioni e riflessioni appaiono particolarmente importanti in un momento in cui troppo spesso sono messi sotto accusa, attribuendo a loro responsabilità risalenti alla crisi dell’intera società. Sono loro che si cimentano con i problemi quotidiani e che sono chiamati a fronteggiare situazioni spesso imprevedibili, che riguardano sia gli aspetti cognitivi dell’apprendimento, sia gli aspetti relazionali e culturali del comportamento.
Per quanto riguarda la scelta dei docenti da intervistare, sono state seguite le indicazioni dei dirigenti.
Dal tentativo di sintesi effettuata scaturiscono importanti informazioni sui motivi della dispersione e si intravedono spunti per buone prassi che, oltre a combattere l’abbandono con interventi di recupero e di innovazione, potranno essere sperimentate per orientare i ragazzi nelle loro scelte future con interventi di rimotivazione e di indirizzo.
Accoglienza e integrazione
Le attività di accoglienza sono ritenute importanti per tutti gli studenti, affinché si ambientino nel nuovo corso di studi.
Per quanto riguarda le situazioni di handicap i problemi maggiori si presentano per l’inserimento nel mondo del lavoro, anche quando la scuola realizza progetti con le imprese e le realtà locali. Si registrano poi molti casi di alunni non certificati con difficoltà cognitive rilevanti.
Per gli studenti stranieri il problema si complica ogni anno col moltiplicarsi delle etnie; in genere vengono attivati corsi di L2, che all’inizio hanno molta affluenza, poi risultano in calo. E’ comunque difficile seguire questi studenti che spesso abbandonano la scuola anche per esigenze di spostamento del nucleo familiare.
Comunque si registra una grande difficoltà di comunicazione, non solo linguistica, con i loro genitori, che considerano la scuola una perdita di tempo e un ostacolo al lavoro dei figli, necessario al mantenimento della famiglia.
Importante è il lavoro dei tutor, perché spesso i genitori non si presentano mai nella scuola. Si ritiene quindi necessario migliorare il livello di accoglienza.
Molta attenzione viene poi dichiarata dai docenti, affinché nella classe non si verifichino episodi di non accettazione e di razzismo.
E’ diffusa la soddisfazione derivante dai buoni successi ottenuti nei casi in cui si è verificata una positiva concentrazione di impegno, da parte della scuola e da parte dello studente. La motivazione verso la scuola degli alunni provenienti da altri paesi è diversa e segue regole della cultura di appartenenza; viene riportato l’esempio di ragazzi pakistani, fortemente motivati e con alti livelli di ambizione, nettamente superiori a quelle dei nostri ragazzi.
I risultati migliori si hanno generalmente nella matematica, perché numeri e regole di calcolo sono uguali in tutti i paesi del mondo.
Per un ulteriore miglioramento del lavoro didattico si dovrebbe tener conto che i modelli di apprendimento dei ragazzi stranieri sono diversi dai nostri e diversi fra loro.
Abbandono
Si registrano situazioni molto diversificate. Spesso i docenti dichiarano che nelle loro scuole sono adottate procedure per monitorare gli abbandoni, che si verificano soprattutto nei primi mesi di scuola.
Per quanto riguarda le cause, ne evidenziano molte.
Classi troppo numerose e classi in cui sono concentrati casi particolarmente problematici.
Si moltiplicano per numero e complessità i problemi familiari.
L’attrazione verso il lavoro è molto forte: i ragazzi abbandonano appena è possibile trovare qualsiasi tipo di lavoro. Per questo molti docenti ritengono che sia diffusa negli studenti e nelle loro famiglie la convinzione che la cultura non serva per il lavoro, e soprattutto le materie tradizionali come l’italiano o la matematica. Associano difficilmente al lavoro l’importanza dell’acquisizione di capacità logiche e comunicative.
I docenti ritengono che per molti studenti la scuola sia “una vessazione”, “un qualcosa che viene imposto”, “un parcheggio” e pensano che sia molto difficile far comprendere che invece è un’importante opportunità. La scuola è “qualcosa che serve poco e che ostacola l’indipendenza e la possibilità di avere soldi in tasca subito”.
Sono allarmati dal livello di demotivazione dei loro studenti, dovuto anche a precedenti insuccessi. Ritengono che il clima delle classi sia peggiorato e denunciano che talvolta si manifesta una sorta di “necessità di prevaricare”. Percepiscono una sensazione di solitudine: “siamo lasciati abbandonati a noi stessi”.
Le aspettative degli studenti sono limitate e l’atteggiamento di sfiducia è prevalente, c’è quasi “una competizione al ribasso”; manca una motivazione per venire a scuola, gli obiettivi non ci sono o sono lontani (calciatori e musicisti) e soprattutto “manca il ponte che permette di collegare l’importanza della scuola per le loro aspirazioni”. Comprendono che gli studenti hanno sfiducia nella possibilità di ricevere aiuti dagli adulti, anche se ne hanno bisogno: “non hanno persone che stimano come riferimento” e sono convinti che “la scuola dovrebbe avere più autorevolezza”. Denunciano nei ragazzi un’intolleranza istintiva, ma affermano che di fronte a una persona autorevole, sono pronti ad ascoltare.
Un’altra grande difficoltà, riguardante soprattutto la didattica, è costituita dalla carenza di continuità fra ordini di scuola, soprattutto per quanto riguarda l’acquisizione delle competenze di base. I ragazzi ignorano le regole più elementari, come l’uso della maiuscola o l’ortografia, non possiedono le capacità di base, sia di tipo logico-matematico, sia di tipo linguistico. Hanno difficoltà ad esprimersi correttamente in una forma scritta.
“Non sanno leggere, né scrivere, né far di conto”. Hanno un vocabolario poverissimo, “non riescono a studiare, se leggono e non capiscono nulla si demotivano”. Quando gli impegni si moltiplicano, si allontanano, “si eliminano da soli”.
Alcuni insegnanti dichiarano di essere stati costretti a semplicizzare e a ridurre, per costruire quelle competenze di base necessarie per affrontare moduli via via più complessi.
Valori, regole e comportamenti
I docenti lamentano una sempre più diffusa superficialità degli studenti nell’affrontare gli impegni della scuola: “non hanno voglia di lavorare”, in prima trovano difficoltà anche a stare seduti nel banco e soprattutto ad ascoltare. Sono “rumorosi e violenti”, sono incapaci di concentrarsi. Hanno bisogno di continue “pause” o per la sigaretta o per il cellulare.
Alcuni vengono a scuola solo per occupare tempo.
La situazione è migliore nelle prime ore della mattinata, quando i ragazzi sono più svegli dal punti di vista intellettivo. “Dopo due ore di lavoro, se non c’è qualcosa che rompe la lezione è difficile mantenere l’attenzione”.
Alcuni comportamenti sono obbligati dalle regole di legittimazione del gruppo: “il gruppo è molto forte, comanda”.
Si riconosce l’importanza della costruzione di un “patto formativo” che stabilisca regole condivise. Ma occorre un continuo richiamo al rispetto delle regole. E’ sentita la necessità di una sorta di educazione sociale perché le rispettino: entrano in ritardo, non portano le giustificazioni, né il materiale necessario, usano il cellulare, perdono o dimenticano le fotocopie…
Non lavorano a casa.
Uno dei problemi più sentito dai docenti è quello di riuscire a instaurare una relazione positiva.
Cultura
Gli insegnanti riconoscono che la comunicazione non verbale è prevalente. Verbalmente gli studenti comunicano solo a monosillabi, a battute, con tono molto alto della voce, pochi sono in grado di articolare un discorso in modo corretto. Esprimono un linguaggio simile a quello elettronico, con slang e parole nuove, comprimono quelle che usano e ricorrono a sintagmi ripetitivi. Usano spesso il telefonino.
Preferiscono le immagini, esprimono una cultura visuale, anche se sono in calo le ore passate davanti alla TV.
Dispongono di una capacità di ascolto sempre minore e spesso accade che una parola venga mal interpretata e trasmessa in modo errato.
L’85% dei docenti ritiene che incida molto nella non comprensione dei testi, il fatto che i ragazzi non leggano.
Alcuni studenti manifestano una sensibilità spiccata che esprimono scrivendo poesie. Per tutti loro è importantissima la musica, che ascoltano continuamente.
Hanno difficoltà a lavorare sull’astrazione, necessitano sempre di elementi reali; certi sono attratti dai giochi di gruppo in cui possono esercitare la logica.
Prevale comunque l’approccio utilitaristico, per cui è frequente la domanda: a cosa serve?
Sono bravi e veloci nell’uso del computer, che vorrebbero usare per facilitare l’apprendimento di alcune discipline, come la matematica.
Sono interessati alle questioni legate all’adolescenza: i sentimenti, le dinamiche dei gruppi, i rapporti fra uomo e donna, la famiglia.
Spesso vivono in zone con crisi di identità, segnate da perdita di valori, conoscono poco il passato, ma sperano in un futuro migliore.
Manifestano una forte attrazione verso il mondo del lavoro e verso le pratiche della vita quotidiana.
La loro vita scolastica è emotivamente forte, molto sentita è la rivalità calcistica. Molti studenti sono impegnati in attività sportive.
Hanno difficoltà a memorizzare, non esercitano la memoria nel loro quotidiano e non sanno usarla per studiare. Nelle prime classi il loro problema principale sembra essere la ricerca dell’affiatamento, l’attaccamento al gruppo.
Differenze di genere
Le ragazze sono considerate meno problematiche dei loro colleghi maschi.
Presentano una motivazione, un’attenzione e una capacità di interagire maggiore. La loro influenza positiva rende le classi miste meno difficoltose.
Molte ragazze straniere sono obbligate a smettere, perché la loro cultura non considera importante lo studio per le femmine.
Orientamento
Dopo la scuola media la scelta dell’istituto superiore è determinata anche dalla percezione che hanno i ragazzi sulla presenza o meno di discipline rigidamente strutturate, come la matematica.
Contano molto i consigli delle famiglie, soprattutto se l’indirizzo scelto è in linea con qualche attività intrapresa dalla famiglia.
Determinante viene ritenuto anche il giudizio espresso alla fine della scuola media: l’ottimo è considerato una via di accesso al liceo, il sufficiente al professionale. Così questo tipo di scuola viene percepito come qualcosa di facile, in cui non c’è bisogno di studiare.
Innovazione
I docenti rilevano una certa rigidità nell’incoraggiare nuove esperienze, nel far “entrare aria nuova”.
La realizzazione di progetti esterni aiuta, ma difficilmente riesce a migliorare “il clima nella classe”. La percezione più comune è che il progetto integrato attuato incida poco sui casi a rischio di dispersione. Può invece avere qualche risultato per eventuali riorientamenti.
Ritengono che sarebbe importante attuare variabili sul metodo di insegnamento e azioni specifiche volte e migliorare le dinamiche relazionali fra gli studenti e il loro rapporto con la scuola.
Bisognerebbe lavorare molto sull’autostima – “hanno bisogno di rinforzi positivi continui e mirati” – vedono difficoltoso mettere in luce le capacità di ognuno, così ritengono che la competizione sia “al ribasso”.
Le attività di recupero dovrebbero iniziare prima possibile. Sono comunque importanti non solo dal punto di vista cognitivo, ma perché facilitano il processo di relazione nel piccolo gruppo.
Sarebbe necessario superare la divisione fra teoria e pratica, introducendo in modo sistematico approcci teorici alle attività pratiche e approcci pratici alle discipline teoriche.
La troppa teoria può ostacolare anche un corretto rapporto col territorio.
“Se si vuole recuperare, si devono far fare altre cose, cose più concrete”, anche usare esperienze emotivamente affasciananti come il teatro.
I ragazzi sono più coinvolti se vengono utilizzati strumenti che privilegiano il linguaggio visuale, da affiancare ai libri. Molti affermano: “la scuola li annoia, non è a loro misura, dobbiamo trovare linguaggi nuovi”.
Bisogna cercare di arrivare agli obiettivi della scuola partendo dalla loro realtà, da ciò che gli piace, usando e affinando soprattutto la manualità, passando dal concetto del rispetto necessario per un corretto svolgimento del lavoro di gruppo, sperimentando la necessità della fatica e della perseverazione per raggiungere l’obiettivo. Bisogna far capire che “il lavoro è frutto di un progetto”.
Le attività di laboratorio sono importanti, però “appassionano i ragazzi, per un tempo limitato”.
Il tempo appare spesso un problema, sia perché i ragazzi non sono ritenuti capaci di porsi obiettivi in tempi lunghi, sia perché non riescono a concentrarsi per tempi lunghi. Sarebbe opportuno progettare per microattività.
I maggiori problemi di apprendimento che gli insegnanti rilevano si manifestano con le materie teoriche.
La metodologia basata sulla lezione frontale è considerata inadeguata, nelle attività pratiche i ragazzi seguono molto di più. Soprattutto per i ragazzi stranieri le attività pratiche risultano più funzionali, perché la pratica sopperisce a problemi di comunicazione e di lingua.
Famiglie
I docenti molto spesso attribuiscono ai genitori un ruolo di appoggio e di scusa al comportamento dei figli o un atteggiamento di disinteresse.
Tendono a spostare il problema, riversando tutte le responsabilità sugli insegnanti, pur di non assumerle direttamente.
La famiglia non stimola e promuove lo studio, ma l’indipendenza economica.
I ragazzi devono sopportare “grandi problemi familiari”, che spesso li distraggono e limitano la loro capacità di concentrarsi nello studio.
Sono comunque considerati sempre pochi i contatti con le famiglie.
Tutto ciò si inserisce in una debolezza costituzionale del nucleo familiare, spesso in crisi e in una disattenzione generale alle problematiche giovanili.
Dirigente scolastico
Viene giudicata molto importante la linea seguita dalla dirigenza, l’attenzione dimostrata, il rapporto più o meno stretto con gli studenti.
Alcuni docenti dichiarano però di sentirsi molto soli nell’affrontare i casi più problematici.