A volte si ha la sensazione che i comportamenti di ognuno siano ormai prescritti e che non si viva, ma si interpreti una vita senza sapere né l’autore del copione, né il regista.
L’io attento si accorge di star perdendo un bene essenziale, la padronanza di se stesso.
Eppure i beni si moltiplicano, come si moltiplica la corsa al loro possesso: elementi materiali, come il denaro e il successo, sono esaltati in una cultura di massa senza senso del passato e della storia, avviluppata in una esteriorità che rischia di spingere verso il nichilismo.
Si assiste a una sorta di messa in scena di un io performativo: l’io autentico si trasforma nell’io esposto; l’io che è, nell’io che si mostra; l’io intimo, nell’io esteriore. Così il segreto diventa fiera del privato e il senso del pudore bramosia di apparire a ogni costo.
Non dimentichiamo che è la parte più autentica dell’io quella che è capace di resistere all’omologazione.
E’ nell’intimità che si radica la nostra identità e la nostra libertà.
Al concetto di popolo e di comunità (radici comuni, volontà comune?) si sostituisce il concetto di massa e di moltitudine.
Alla parola compagno, si sostituisce collega.
Concetto di civis città collettività di cittadini.
Galleggiare sulla corrente o contrastarla arrivando a deviarla?
Uscire dal guscio della passività, della rassegnazione dell’indifferenza.
Uscire dal guscio della normalità, intesa come posto fisso, un po’ di benessere, un po’ di svago…
Normalità a misura di condominio, di un grigiore alienante.
Nuovo rapporto fra pubblico e privato, nuovo bisogno di ottimismo.
Nuovo sforzo di tensione comune.
Concetto di non luogo.
Dare significato alle azioni, anche in termini simbolici.
Ascoltare il suono del presente, c’è sempre qualcosa di imponderabile da cogliere.
Azione omologata: azione conforme adattata, accettazione indiscussa dell’esistente.
Spesso agita senza coscienza, come l’unica possibile, come la migliore, senza alternative.
I mezzi di comunicazione sono mezzi di omologazione: il mondo e i modi di vivere sono identici per tutti e ci sono tanti individui che non concepiscono mondi e comportamenti diversi.
E sempre identiche sono le parole usate si assiste a un pericoloso impoverimento del linguaggio: poche le parole usate e sempre le medesime.
Sono inconcepibili diverse esperienze del mondo.
“Comunicazione tautologica” (Galimberti) chi ascolta ascolta le identiche cose che potrebbe dire e chi parla dice le stesse cose che potrebbe ascoltare da chiunque.
Ma alla base del bisogno comunicativo stanno proprio le diverse esperienze del mondo.
Parlare non significa comunicare.
Significato di comunicare.
Mancanza di un’idea forte di comunità (avere doni in comune, ma anche mura).
Essere sempre meno se stessi e sempre più congrui all’apparato.
Adeguare le proprie condotte indipendentemente dai propri sentimenti.
“L’essere te stesso e conosci te stesso” che l’oracolo di Delfi indicava come la via principale per la salute dell’anima, può diventare un difetto.
Così la differenza e la peculiarità individuale risultano difetti e finiscono col destare sospetti.
E il senso di appartenenza provoca chiusure, etnocentrismi, esclusioni, razzismi
Così gli immigrati di ieri (battute sui siciliani) si mischiano agli immigrati di oggi in una cultura di massa all’insegna di un razzismo senza razza che porta a una chiusura verso gli altri chiunque essi siano.
“Lo straniero è la faccia nascosta della nostra identità. Riconoscendolo in noi,ci risparmiamo di detestarlo in lui” (Kristeva)
Il nostro secolo è stato caratterizzato dall’esplosione delle differenze (logiche, analogiche, antropologiche).
Partire da noi dal senso dell’identità (radici, legame, struttura).
Ma può essere un processo perverso e distorcente.
L’identità vincola e regole, dà forma e rassicura.
Mentre l’io appare legittimato, l’alterità appare delegittimata.
Trovare il senso dell’identità significa trovare sicurezza, appartenenza, radicamento sociale, ancoramento a un cosmo di valori per riconoscersi in esso e da qui guardare il mondo e costruire se stesso.
Dà sicurezza e la sicurezza produce attivismo ed entusiasmo.
Ci sentiamo parte di un habitat che ci nutre con la sua organizzazione e i suoi valori.
E allora c’è il pericolo di restare bloccati sull’orizzonte del locale.
Con il rischio di passare dalle piccole patrie, ai localismi, alle pulizie etniche.
Significato originario di ambiente: spostamento progressivo del compasso dell’orizzonte.
Ecco perché il processo di conoscenza dell’identità deve essere capace di andare oltre: da un dove a un altrove da un luogo a un non luogo.
Deve essere capace di costruire identità e di decostruirle, smascherarle, oltrepassarle.
Esserci e non esserci oscillazione fra dove e altrove.
Ma la globalizzazione si sostanzia di politiche e strategie della non appartenenza e dello sradicamento.
Politiche di commistione e di contaminazione, miscelamento che sono il presupposto della globalizzazione, capaci di confezionare identità uguali senza uguaglianza.
E allora senso del confine, inteso come punto di arrivo e punto di partenza.
Piena percezione della linea d’ombra che separa l’io dall’altro, il soggetto dall’alterità intese come categorie dell’essere, del pensiero e dell’azione.
Capacità di stare nell’alterità col pensiero e la volontà.
Vero pluralismo è dare spazio e diritto al plurale, al difforme, è lasciarsi attraversare dal pluralismo.
La differenza è dunque disconnessione: senso della peculiarità identitaria e nello stesso tempo apertura all’altro, tensione verso l’altro.
Disconnessione: operazione di distanziamento e di taglio, operazione chirurgica per operare una dissezione volta a separare per chiarire, per dare nuovi significati, per far perdere un senso e conquistarne un altro.
Ancora da un dove a un altrove, da un luogo a un non luogo ad alta potenzialità culturale.
Disposizione all’avventura, ad un incontro con qualcun altro che non possiamo prefigurare e allora ci sentiamo inquieti, spiazzati, turbati.
Più facile la via della mescolanza e della contaminazione: ecco che abbiamo il padre-amico e la donna menager.
Contaminazione di genere: non c’è bisogno di indossare pistole nelle mutande!
Evitare la faciloneria e il buonismo.
Le dichiarazioni, i valori sbandierati e non agiti.
Acquisire concettualmente nuovi significati, ma soprattutto viverli con nuovi comportamenti.
Ogni acquisizione cognitiva non è tale se non provoca mutamenti comportamentali.
Incontro, ascolto, disconnessione, connessione, scambio, innesto.
Così le culture non si annullano, né si fondono, ma agiscono su più piani
L’io multiplo viene esaltato da connessioni multiple: incontro, dialogo, accoglienza.
Pluralismo regolato dal diritto alla differenza.
In un universo sempre più monoculturale (tecniche, consumi, mass media) le culture non possono essere dimenticate o archiviate o peggio museificate.
Necessità di agire sull’essere, e soprattutto su un fare coerente all’essere.
Coerenza fra forma mentis e forma voluntatis.
Persona postmoderna: soggetto plurale, mobile, migrante.
Postmoderno inteso come età di trasformazione continua, degli incroci e degli scambi planetari.
La forma mentis dell’intercultura è il nomadismo, intesa come disconnessione e connessione: incontro, dialogo, apertura, pluralizzazione dell’io.
La ricchezza delle culture è il segnale della ricchezza dell’umano.