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Il libro porta il numero 27 della collana Minumum di Morgana Edizioni; è un a preziosa edizione in trenta esemplari caratterizzata da piccole dimensioni (11 cmx11cm), da carta pregevole contenente un racconto di Sandra Landi in 1.600 battute e un’opera originale dell’artista Colomba Amstuz.

Margherita

Passano i giorni i mesi e gli anni. E io qui, ad annusare lo scorrere del tempo.
Mica sta lì, il tempo, a chiederti cosa deve fare? Lo fa e basta.
E’ come se fosse rovinato sul mio corpo.
Eppure una volta ero la più bella. E la più ricca. Una famiglia in vista, la mia.
Proprietari di terre e di case, ma lavorare era problema d’altri.
Del resto – si sa – “lavoro non ingrassò mai bue”!
Così dicevano e io non ebbi dubbi. Sono nata e cresciuta nella bambagia.
Avevo un viso di bambola e il sole fra i capelli.
A dodici anni cominciarono a vestirmi da donna, pronta per quel principe azzurro che, prima o poi, doveva pur venire.
Quando venne aveva l’aria attempata di un fattore di campagna: puzzicchiava e sputacchiava, ma parlava così bene! Per questo era diventato importante.
Oddio, a dir la verità, me l’ero immaginato un tantino diverso, ma tutti lo chiamavano Onorevole.
No, non capivo niente di quel che diceva, ma tanto ero abituata, anche a scuola era così: loro
parlavano parlavano, e io zitta.
Allora imparai a sistemare la scuola, con annessi e connessi, nel cantuccio della vita .
Bella com’è, quale importanza vuoi che abbia la scuola?
Così dicevano e anch’io non ebbi dubbi.
Beata della mia bellezza, imparai ad amare quel corpo che si andava disegnando a perfezione, agghindato da ninnoli a profusione. Che gioia incedere per strada fasciata di azzurri e di rosa.
Fra sbuffi di sete e mussoline, ero sempre in mostra di me stessa.
La vita era un film e io ne ero l’attrice.
Gli uomini mi mangiavano con gli sguardi, ma i ragazzi non si arrischiavano a fissarmi, mi accarezzavano e via, come si fa con i sogni che non sanno diventare desideri.
E d’estate? Non vi dico che meraviglia.
Appena compiuti i tredici anni – età da marito! – nonna cominciò ad affittare una suite al “Principe di Piemonte”, il lusso più lussuoso di qualsiasi villeggiatura… E lì successe.
Mi sentii goffa con quel vestito da uovo di pasqua: lui voleva mettermi la mano fra le cosce, ma tutto era troppo stretto. Non sapevo cosa fare e la nonna se n’era andata.
Tanto la mia bambina è in mani buone, non è vero Onorevole?
Non potrebbe essere in mani migliori.
Così rispose, e come avrei potuto, proprio io, dubitare?
Ma quelle mani erano troppo grandi. E non solo le mani.
Come andò e come non andò, sta di fatto che negli anni nacquero due figli.
Madre chiesa e padre partito mica potevano permettere che li riconoscesse?
Sono pur figli di un Onorevole – diceva la gente, che sapeva e non sapeva – ed è capace di farli vivere nell’oro. Come fu e come non fu, sta di fatto che l’oro finì.
Finì pure il partito e l’Onorevole puzzicchiava e sputacchiava sempre, ma non parlava più così bene.
E siccome “quel che vien di ruffa in raffa, se ne va di buffa in baffa”, anche i soldi sparirono, con le terre, le case, i salotti e le suites.
Vendi questo vendi quest’altro, arrivò il giorno in cui non avevo più nulla da vendere.
E i miei, sul più bello, se ne andarono all’altro mondo, lasciandomi una vita che era cambiata di colore. “Chi ha poco, panno porti il vestito più corto”! così i miei vestiti si fecero più corti.
Oddio il corpo era un po’ flaccido, ma così bianco da attirare sguardi stagionati.
Adesso la strada è ancora la mia vetrina, e i pensionati la mia ricchezza.
Come fu e come non fu, qualcuno ha detto che non son fatta giusta come mamma e mi ha portato via i figlioli. “Chi vuol vivere e star bene, pigli il mondo come viene!”
Questo continuo a ripetermi e questo voglio fare, ma a volte ho voglia di piangere e non so perché.