Ci siamo incontrate in occasione di uno di quei molti seminari sui lavori delle donne che andavano di moda in piena epoca femminista; in genere non amavo partecipare a queste iniziative, perché non mi sono mai sentita a mio agio in ambienti troppo settoriali, in occasioni dove si escludeva qualcuno in modo preconcetto. Ho partecipato per amicizia verso le organizzatrici e anche per la curiosità di conoscere donne che avevano esperienze diverse dalle mie: l’antropologa Paola Tabet, l’artista Maria Tacconi e molte altre, fra cui Carla Corso e Pia Covre, fondatrici del Movimento per i diritti civili delle prostitute.
In quel periodo stavo raccogliendo testimonianze di donne impegnate in attività boschive (boscaiole, carbonaie…) sul monte Serra vicino a Pisa e il mio intervento durante il seminario raccontava proprio questa straordinaria esperienza: con la mia mitica due cavalli me ne andavo al galoppo per monti e per valli a raccogliere i racconti di queste donne che partorivano da sole in mezzo ai boschi e se ne tornavano a casa con i fastelli di legna in testa e il neonato in braccio.
Probabilmente Carla e Pia rimasero colpite dal mio intervento, come pure io fui attratta dal modo asciutto e semplice con cui raccontarono la loro esperienza, anni luce lontana dalla mia.
Avevo studiato a Siena nel collegio delle Suore di Santa Caterina, ero cresciuta in una famiglia in cui non era mancata un’educazione religiosa, se pur all’acqua di rose, ma tanto era bastato per rendermi lontana dal mondo della prostituzione che non avevo mai guardato con un qualche interesse. Le “ragazze perbene” facevano la loro strada, le “ragazze permale” facevano la loro e – chissà come – i due mondi scorrevano pressoché paralleli.
Non era così e non fu così.
Ma ci volle quell’incontro per una reale “presa di coscienza”, come si amava definire allora.
Nacque un progetto, un sodalizio, un’amicizia.
Nacque Ritratto a tinte forti.
Il successo cementò il nostro rapporto: percorremmo l’Italia invitate in vari consessi e accolte con molta curiosità e qualche interesse.
Giornali e riviste parlavano del nostro lavoro, trasmissioni televisive e radio ci invitavano, piovvero proposte per il cinema.
Certo è che eravamo proprio una “strana coppia”: l’intellettuale e la prostituta.
Ma nella mentalità di senso comune, apparivamo inverse: Carla, giunonica e autorevole, si presentava come il ritratto di una preside di scuola; io, esile e vivace, apparivo mutevole e disponibile.
Così giocavamo sui facili stereotipi della gente presentandoci l’una in irreprensibili tailleurs, l’altra con minigonne, tacchi e calze a rete…
Insomma ci siamo proprio divertite e ci siamo godute i nostri successi.
Dopo qualche anno è uscito Quanto vuoi? mentre le nostre vite sono continuate a scorrere: io nell’impegno per la scrittura e la lettura, Carla per i diritti delle prostitute.